Il baracchino di street food sul marciapiede di Calcutta, tra le decine di fritti assortiti, rotoli di pollo e altri stuzzicanti attentati alla salute gastrointestinale, vende un piattone di «veg chowmein» a trenta rupie.
Con 40 centesimi di euro, banalmente, ci si alza dagli sgabelli in plastica posizionati poco lontano dall’enorme piano cottura circolare con la pancia piena e moderatamente soddisfatti.

Secondo i dati ormai di dominio pubblico, la probabilità che quegli spaghettini fossero in realtà dei Maggi si aggira intorno al 90 per cento: questa la fetta di mercato dei noodles istantanei che Nestlé, dopo aver acquisito la svizzera Maggi nel 1947, è riuscita a occupare stabilmente nel mercato indiano, una ventina d’anni dopo l’apertura del primo stabilimento in Punjab, nel 1961.

Lo slogan recita «Taste Bhi Health Bhi», ovvero «Saporiti e Sani», presentando i Maggi come una soluzione veloce – «pronti in due minuti!» – ai crucci della mamma tipo della middle class indiana, raffigurata nelle pubblicità televisive in versione sorridente e moderna, tutta una piroetta di orgoglio da emancipazione tra fornelli irrealisticamente occidentali.

Sempre vestale del focolare domestico, ma slegata dalle preparazioni culinarie della tradizione indiana, caratterizzate da tempi dilatati per donne relegate a una ricerca della soddisfazione personale esclusivamente tra le quattro mura di casa.

Lo scandalo che ha investito il marchio per eccellenza degli spaghettini istantanei indiani, ironia della sorte, ha proprio a che fare col Taste e con l’Health. Lo scorso anno, un controllo di routine condotto dall’ispettorato dell’Uttar Pradesh su un campione di Maggi aveva rilevato la presenza di glutammato monosodico, un esaltatore di sapore succedaneo del sale che in teoria, stando all’elenco degli ingredienti sul retro della confezione, nei Maggi non ci doveva essere.

Nestlé India, respingendo le accuse, aveva chiesto che venissero fatti nuovi esami in un laboratorio specializzato di Calcutta, e a distanza di un anno – resi pubblici alla fine di maggio – non solo la presenza di glutammato era stata confermata, ma si aggiungevano livelli di piombo ben superiori ai limiti legali nel paese: 17 parti su un milione le rilevate, 0,01 su un milione le consentite.

Nel giro di pochi giorni la polemica è franata su uno dei brand più «sicuri» di tutti il subcontinente, innescando una reazione a catena che ha portato, stato per stato, al ritiro dei Maggi dagli scaffali, portando con sé denunce per i funzionari di Nestlé India / Maggi e per alcune star di Bollywood ree di aver promosso un prodotto forse cancerogeno, probabilmente insalubre.

I reati contestati vanno dalla truffa alla vendita dolosa di cibi o bevande nocive, e se la posizione dei testimonial (tra cui l’ormai mitologico Amitabh Bachchan) dovrebbe essere legalmente a prova di bomba, non lo stesso si può dire per i dirigenti della succursale indiana di Maggi, un marchio valutato intorno ai 2,4 miliardi di dollari prima che il caso portasse a un’ordinanza senza precedenti nella storia del mercato del cibo confezionato.

In settimana la Food Safety and Standard Authority indiana ha infatti imposto a Nestlé India di ritirare e distruggere tutte le confezioni di Maggi attualmente presenti sul mercato: secondo Bbc, si tratta di almeno 400 milioni di pacchetti, 27mila tonnellate di spaghettini che Nestlé India prevede di recuperare tramite un sistema di distribuzione alla rovescia, decine di migliaia di camion che dai punti vendita porteranno i Maggi in centri di smaltimento, dove verranno bruciati in fornaci di cemento. Tempo previsto per l’intera procedura: 40 giorni.

Nestlé India, a mezzo stampa, continua a contestare l’esito dei test condotti dalle autorità indiane, attaccandone la metodologia reputata fallace e lamentando un danno economico diretto pari a 50 milioni di dollari. Senza contare la reputazione del brand ormai in frantumi e le continue perdite nella quotazione al listino di Mumbai.

La reazione intransigente delle autorità indiane ricorda vagamente l’accanimento in punta di legge che, ciclicamente, colpisce le grandi multinazionali presenti in uno dei mercati più promettenti del nuovo millennio: mutatis mutandis, anche Vodafone alcuni anni fa si ritrovò schiacciata nella morsa del sistema giuridico indiano per presunte irregolarità nell’acquisto delle licenze per operare sul territorio. La presunzione del «due pesi, due misure» in un contesto dove la sicurezza alimentare non è certo in cima alle preoccupazioni dello Stato serpeggia tra i commentatori, in attesa che nuovi test provino oltre ogni lecito dubbio la composizione degli spaghettini incriminati.

Nel frattempo, i baracchini per strada non sembrano intenzionati a rivoluzionare il menù à la carte. Maggi o non Maggi, il «chowmein» a 30 rupie è qui per restare. «Taste Bhi Health Bhi» since 1961.