La gente è in coda da giorni e ben prima dell’inizio il display della biglietteria per alcuni titoli dà il rosso del «tutto esaurito». Ma questa è la Berlinale, forse il festival più legato alla città in cui si svolge che si prepara con anticipo per parteciparvi: c’è chi come due ragazze si prende un po’ di vacanze, chi si organizza i week end coi bambini, chi ha solo la sera e magari cambia qualche turno al lavoro, giovani, meno giovani, coppie, gruppi, signore. Il risultato si vede nella percentuale degli incassi che sono anche una parte importante nel budget del Festival,e trovare una linea che tenga insieme esigenze artistiche e pubblico sarà anche la prima scommessa imperdibile per la prossima direzione di Carlo Chatrian.Perché tra i grossi festival internazionali questa è appunto la specificità della Berlinale rispetto ad altri appuntamenti come il festival di Cannes e la Mostra di Venezia, insieme al mercato, il primo importante dell’anno. Strutturalmente poi visto il gigantismo della manifestazione, si potrebbe migliorare per esempio con uno spazio per la stampa meno angusto e sacrificato – quello veneziano è assai migliore – del tutto inadeguato rispetto alle presenze.

LA BERLINALE 69 che si è aperta ieri con il saluto di Dieter Kosslick, sul red carpet dell’opening night con l’immancabile sciarpa rossa , per l’inaugurazione ha scelto il nuovo film di Lone Scherfig, già Orso d’argento con Italiano per principianti, The Kindness of Strangers, una commedia newyorkese dalla malinconia fin troppo dolce che alle nevrosi di solitudini e disamori unisce quel presente ormai non solo americano in cui basta un attimo per trovarsi nell’invisibile – e molto visibile – moltitudine di chi non ha più niente, vive per strada, rischia di morire di freddo l’inverno, davanti a occhi che vedono e fanno finta di nulla. È quanto capita alla protagonista, Clara (Zoe Kazan) in fuga da una casetta ordinata coi due figli per scampare alla violenza del marito poliziotto, tutore di quell’«ordine» che tutti difendono, per cui l’amore è picchiare lei e i figli. E a proposito della «bigenitorialità» che tanto piace a Pillon: prova a spiegarlo ai due ragazzini che alla sola idea di tornare dal padre torturatore vomitano pure se digiuni da giorni. Clara arriva a New York senza carta di credito perciò nessuna possibilità di prendere una stanza in un qualsiasi hotel, dormono in macchina anche se fa freddo, lei si infila qua e là in qualche cocktail portando via più panini che può, è brava anche a rubare vestiti nuovi nei negozi per avere un’aspetto elegante e dare meno nell’occhio.

POI c’è la Public Library che li ospita di giorno ma le cose precipitano sempre più, e Clara coi bimbi finisce in coda alla mensa per i senza tetto, dove conosce Alice (Andrea Riseborough) infermiera al pronto soccorso attivissima nel volontariato. Nella sua chiesa, e nel ristorante russo dove mangia ogni sera, proprietà di un magnate stravagante (Bill Nighy) circolano altri personaggi, un ex-galeotto che diventa il gestore del ristorante (Tahar Rahim), un avvocato che non trova una fidanzata (Jay Baruchel), un ragazzo che perde tutti i lavori (e finisce pure lui homeless, è Caleb Landry Jones) le cui esistenze si intrecceranno a quella della giovane donna e dei ragazzini.
«The Kindness of Strangers parla di carità e degli homeless, delle persone che finiscono escluse dal sistema; in questo è legato alla situazione dell’America di oggi e alla vita di una grande metropoli, mentre il suo lato umanitario spero che sia senza tempo. Volevo parlare delle persone compassionevoli e della voglia che tanti, tantissimi sia negli Stati uniti che in Canada come in Europa hanno di aiutare gli altri e di rendersi utili. È importante sottolineare le cose che ci uniscono anziché quelle che ci dividono soprattutto nell’attuale clima politico e sociale. Le persone normali vanno molto più d’accordo tra di loro di quanto i politici vogliano farci credere. Ci manipolano per i loro scopi ma non è vero che viviamo solo tra odio per i diversi, razzismo, ostilità religiose. Ed è quello che ho provato a raccontare nel film», ha detto la regista alla conferenza stampa dopo la proiezione.

L’ALLUSIONE alla violenza trumpista è evidente come al rancore che domina il nostro tempo, a cui questi «buoni sentimenti» sembrano essere quasi un antitodo «pericoloso». Scherfig però si ferma lì e nonostante la grazia (sempre) di Zoe Kazan e la presenza degli altri attori, tutto appare un po’ forzato, se non meccanico, destinato a un finale di cui sappiamo l’esito – e senza troppo suspense – sin dall’inizio. È una questione di regia prima che di contenuti, e i film di Scherfig sono tutti abbastanza semplificatori (pensiamo a An education), cercando di tenere insieme le proprie proposte senza scossoni né punte di cattiveria, con una sceneggiatura bene organizzata che procede incastrando i propri pezzettini in modo diligente uno dopo l’altro, concedendo allo spettatore quel che si aspetta.

IN QUESTO SENSO The Kindness of Strangers è un titolo perfetto per la serata di apertura, specie di un festival che quest’anno ha messo al centro l’equità di gender – con una forte presenza di registe donne in concorso e la giuria guidata da una presidentessa, Juliette Binoche. «Attraverso la partecipazione delle donne, specialmente come registe, la Berlinale rinnova il suo impegno per la parità di genere, iniziato ben prima degli attuali dibattito – ha dichiarato il direttore Kosslick all’apertura – Dal 2004 abbiamo ospitato film diretti da donne nel complesso della programmazione del festival. Nella competizione ufficiale di quest’anno dei 17 film in concorso, 7 sono diretti da registe. Non possiamo ancora parlare di parità, ma di certo è uno sviluppo positivo». La firma del protocollo avverrà nel convegno Gender, genre and big budgets, con studiosi in materia di gender studies e media.
In The Kindness of Strangers c’è una regista, e c’è un personaggio femminile che seguiamo in un’odissea moderna tra le strade di New York, un happy ending in senso letterale che fa sentire compresi nel nostro mondo senza disturbare. Insomma tutti contenti? Diciamo che nella relazione tra «esigenze artistiche e pubblico» di cui si diceva il campo d’azione è vasto, e questo film rimane in superficie.Poteva metterci un po’ di più.