Mentre l’Alto rappresentante per la politica estera dell’Unione europea, Catherine Ashton e il segretario generale dell’Onu Ban Ki Moon  «deplorano i recenti annunci» sulla costruzione di nuove 1500 case per coloni israeliani a Gerusalemme est e gli americani mettono in guardia dal «clima negativo» per il negoziato che creano questi annunci, il governo Netanyahu progetta altre 3360 abitazioni negli insediamenti ebraici in Cisgiordania. Lo ha rivelato ieri il quotidiano Haaretz, citando Ofir Akunis, un deputato del Likud, il partito di destra guidato dal primo ministro Netanyahu.

Il governo israeliano pensa di avviare in tempi la costruzione di 860 unità abitative negli insediamenti di Ariel, Maaleh Adumim, Givat Zeev, Beitar Ilit, Karnei Shomron e Elkana. I piani edilizi prevedono altre 1.400 nuove case sempre in Cisgiordania, anche in insediamenti colonici isolati, a ridosso delle principali città palestinesi. Infine altri 1.100 alloggi saranno realizzati in tempi più lunghi a Shilo e Nokdim. Di fronte a ciò l’Anp del presidente palestinese Abu Mazen fa sapere che sta «studiando seriamente» la possibilità di promuovere denunce presso le corti internazionali contro Israele nel tentativo di fermare le costruzioni delle nuove case per i coloni. Pochi nei Territori occupati però credono che l’Anp farà realmente quel passo, a causa delle pressioni americane.

Intanto si è concluso con l’uccisione di un giovane di 20 anni l’ultimo raid dell’esercito israeliano in un centro abitato palestinese della Cisgiordania. Intorno all’una della notte tra mercoledì e giovedì i commando israeliani sono entrati a Qabatiya (Jenin) per arrestare quattro palestinesi. L’incursione ha innescato la risposta degli abitanti del villaggio, con dozzine di giovani palestinesi che sono scesi in strada per protestare e lanciare sassi ai soldati israeliani. Questi ultimi hanno replicato sparando e hanno ucciso Ahmad Tazaza, di 20 anni. Nel 2013 si sono ulteriormente intensificati i raid israeliani nei centri abitati e nei campi profughi palestinesi in Cisgiordania, in cui sono stati uccisi almeno 15 palestinesi, in gran parte giovani.