Antonio Guterres ieri a Ramallah è stato chiaro. Gli insediamenti coloniali israeliani in Cisgiordania sono «un grande ostacolo» alla pace, ha detto il segretario generale dell’Onu al primo ministro dell’Anp Rami Hamdallah. Ha anche rinnovato il sostegno alla creazione di uno Stato palestinese accanto a Israele. «Non vi è alcun piano B – ha sottolineato – una soluzione con Due Stati, la fine dell’occupazione (israeliana) e la creazione di condizioni per metter fine alle sofferenze dei palestinesi sono l’unica strada per garantire la pace». Ma quello Stato, lo sa bene Guterres, è ormai un pezzo di carta ingiallito dimenticato nei cassetti della diplomazia. Il futuro lo decide solo il governo israeliano visto che i Paesi occidentali, dagli Usa all’Europa, in silenzio hanno decretato che il diritto internazionale non può trovare attuazione nella questione palestinese.

Lunedì sera il premier Benyamin Netanyahu è andato all’insediamento ebraico di Barkan per partecipare alle celebrazioni per i 50 anni dall’inizio della colonizzazione ebraica di Cisgiordania, Gaza e Gerusalemme Est, i territori palestinesi che Israele ha occupato nel 1967. E ha pronunciato una sentenza di morte per la soluzione a “Due Stati” alla quale, ma solo a parole, si aggrappano Onu e Unione europea e dalla quale si è già sganciata l’Amministrazione Trump. «Siamo venuti qui (in Cisgiordania e Gerusalemme Est, ndr) per rimanerci per sempre», ha affermato perentorio Netanyahu. Anche un nuovo, limitato, sgombero di colonie israeliane, come quello di Gaza nel 2005, «non avverrà mai più», ha aggiunto tra l’entusiasmo dei presenti. Il primo ministro ha rimarcato il valore strategico della Samaria (il nome biblico del nord della Cisgiordania). «È la chiave per il nostro futuro» ha detto spiegando che dalle alture di Hatzor (Khirbet Hazzur, a nord di Gerusalemme) è possibile monitorare Israele e la Cisgiordania occupata. Infine Netanyahu ha teorizzato una sorta di diritto/dovere di Israele di controllare i Territori palestinesi per impedire che forze dell’Islam radicale possano «mettere in pericolo l’intero Medio Oriente».

Non è la prima volta che il premier israeliano insiste su questi punti. Lunedì sera però è stato esplicito sul futuro delle colonie. E indirettamente ha lasciato intendere che i palestinesi non potranno far altro che amministrare civilmente, come già fanno oggi, le loro città e dovranno dimenticare libertà, sovranità e indipendenza. Sempre Netanyahu all’inizio dell’estate aveva proclamato che Israele, in qualsiasi accordo, continuerà a controllare militarmente la Cisgiordania. «Le colonie israeliane sono illegali e vanno smantellate» si è affannato a replicare Nabil Abu Rudeinah, il portavoce del presidente palestinese Abu Mazen. Ha anche condannato la “passeggiata” sulla Spianata delle moschee di Gerusalemme fatta ieri, con l’autorizzazione del governo, da due parlamentari israeliani, tra i quali Yehuda Glick (Likud), fautore della ricostruzione del Tempio ebraico. Ma quella dell’Anp ormai è una protesta muta.