Yossi Melman è un saggista e giornalista noto in Israele, per i suoi libri sul Mossad, e in politica è un centrista lontano da ogni estremismo. Ieri però si è sfilato i guanti di velluto e con un tweet pungente ha spiegato la (mini) crisi esplosa tra Israele e Germania dopo la decisione del premier Netanyahu di annullare l’incontro con il ministro degli esteri tedesco Sigmar Gabriel che aveva inserito nel programma della sua visita un colloquio con rappresentanti delle ong israeliane Breaking the Silence e B’Tselem schierate contro l’occupazione militare dei territori palestinesi. «Tedeschi! Pagateci le riparazioni (di guerra). Sovvenzionate l’acquisto di sottomarini con capacità nucleare. E incontrate solo coloro che noi approviamo. Altrimenti vi ricorderemo l’Olocausto», ha scritto Melman per condannare il passo fatto dal primo ministro. Passo invece pienamente approvato dalla destra radicale. A cominciare dal ministro dell’istruzione Naftali Bennett, passando per quello degli interni Arye Deri, fino alla vice ministra degli esteri Tzipi Hotovely secondo la quale Breaking the Silence, che raccoglie e diffonde le testimonianze di militari israeliani sulle operazioni dell’esercito nei Territori occupati, non sarebbe «una vera organizzazione per i diritti umani» bensì un gruppo intenzionato solo «a diffamare i soldati israeliani». Considerazioni che riflettono il contenuto di un comunicato diffuso dall’ufficio del premier. La politica del primo ministro, è scritto, è quella di non incontrare visitatori stranieri che, in missione diplomatica in Israele, «vedono gruppi che ingiuriano i soldati israeliani come criminali di guerra». I diplomatici, prosegue il comunicato, sono benvenuti nei loro incontri con le rappresentanze della società civile, «il primo ministro però non riceverà coloro che danno legittimità a organizzazioni che invocano la criminalizzazione di soldati israeliani».

Gabriel, esponente socialdemocratico del governo di Angela Merkel, e la Germania ci sono rimasti parecchio male, anche se il ministro tedesco ha provato a ridimensionare l’accaduto ripetendo di essere da sempre un sincero amico di Israele con rapporti stabili con lo Stato ebraico. «È del tutto normale incontrare rappresentanti della società civile» quando si è in missione in un Paese, ha spiegato Gabriel definendo «deplorevole» la cancellazione del colloquio col premier israeliano. Ha aggiunto che sarebbe «inconcepibile» per la Germania annullare incontri ufficiali con rappresentanti di governi stranieri che volessero avere colloqui con organizzazioni critiche delle politiche del governo tedesco. «Non si può avere un quadro completo (di un Paese) parlando solo con rappresentanti di ministeri governativi». Gabriel ha comunque detto di non ritenere l’accaduto una «catastrofe». «Il mio rapporto con Israele non cambia», ha assicurato. Per il presidente della commissione parlamentare esteri al Bundestag, Norbert Roettgen, della Cdu, invece il premier israeliano ha commesso «un errore molto spiacevole…Lo ritengo uno scivolone», ha sottolineato. Critiche a Netanyahu sono arrivate da diversi esponenti dell’opposizione israeliana e della società civile. Il leader laburista Isacc Herzog ha accusato il premier di mettere a rischio le relazioni con la Germania. A differenza di Netanyahu il capo dello stato Rivlin ha incontrato Gabriel.

La Germania è il Paese che maggiormente sostiene Israele nell’Unione europea e non solo dal punto di vista politico, diplomatico ed economico. Ha fornito a Israele – contribuendo con propri fondi – alcuni sommergibili della classe Dolphin di ultima generazione che rappresentano una potente arma strategica nella mani di Tel Aviv. Sommergibili che, pur non essendo a propulsione atomica, hanno un’ampia autonomia e sono in grado di trasportare missili con testate nucleari. Secondo ciò che si legge sulla stampa specializzata, navigano spesso a ridosso dell’Iran offrendo a Israele un ulteriore strumento di deterrenza. Tuttavia per il premier Netanyahu l’alleanza stretta con la Germania comunque non permette al ministro degli esteri tedesco di ascoltare un racconto della realtà sul terreno non in linea con la narrazione ufficiale, anche quando a farlo sono ong e gruppi israeliani.