Abu Mazen manderà a casa quelle braccia rubate all’agricoltura che due sere fa gli hanno passato un nome per un altro e l’hanno esposto alle accuse durissime di Israele? Il licenziamento immediato, proponevano ieri tanti palestinesi, deve essere la punizione minima per questo sveglio funzionario dell’Olp, o forse dell’Autorità nazionale palestinese, che mercoledì sera ha spinto Abu Mazen, in diretta televisiva, ad accusare Israele e le sue forze di sicurezza di aver giustiziato il 13enne palestinese Ahmad Mansara, responsabile assieme al cugino dell’accoltellamento di un coetaneo israeliano nella colonia di Pisgat Zeev. Ahmad Mansara invece è stato ferito e non ucciso ed è ora ricoverato in un ospedale israeliano. Il governo e i media di Israele ieri hanno diffuso per tutto il giorno foto e filmati di questo ragazzino palestinese nutrito e curato da medici e infermieri israeliani. Il danno di immagine per questo “errore” è enorme. Non solo per Abu Mazen, passato ieri come un “bugiardo”. Ma per tutti i palestinesi che nei giorni scorsi avevano denunciato con forza le “esecuzioni sommarie” di alcuni dei responsabili degli accoltellamenti avvenuti a Gerusalemme e in altre città da parte delle forze di polizia e di cittadini israeliani armati. A cominciare dal caso di Fadi Alloun a Gerusalemme.

 

È stato un invito a nozze per Benyamin Netanyahu che da settimane ripete che i palestinesi raccontano «bugie» su Gerusalemme, la Spianata delle Moschee, le cause dell’Intifada. Il premier israeliano ieri ha convocato una conferenza con la stampa estera. «Abu Mazen mente e continua ad incitare: il ragazzino non è morto, è vivo e non è innocente, ha cercato di uccidere. I palestinesi si rifiutano di dire la verità». Ha affermato che Israele si trova costretto «a difendersi da due grandi menzogne… addirittura fantastiche» ossia che intenderebbe «distruggere le moschee nella Spianata di Gerusalemme» e che compia «eliminazioni di palestinesi innocenti». «Ma come si comporterebbe la polizia di New York – ha chiesto retoricamente – se là la gente fosse uccisa per strada con pugnali e asce?». In riferimento indiretto alle (blande) critiche giunte dagli Usa, in particolare dal Segretario di stato John Kerry che sta per tornare in Medio Oriente per tentare di avviare nuovi colloqui israelo-palestinesi, Netanyahu ha detto di aspettarsi che «i nostri amici non costruiscano false simmetrie tra i cittadini israeliani e quelli che li accoltellano a morte». Infine il colpo da maestro davanti ai corrispondenti di mezzo mondo: «Sono aperto a un incontro con Abu Mazen e con i leader arabi – ha proclamato il primo ministro israeliano – Penso che potenzialmente sia utile perchè può fermare l’ondata di istigazione», ma, ha aggiunto, «è lui (Abu Mazen) che non vuole incontrarmi».

 

Grazie alla “accuratezza” del lavoro dei dirigenti dell’Olp e dell’Anp che assistono Abu Mazen, la giornata di ieri è ruotata intorno al “bugiardo” presidente palestinese e ad Ahmad Mansara «nutrito e assistito in un ospedale israeliano». Ore in cui 300 mila palestinesi di Gerusalemme Est facevano i conti con i blocchi stradali e le altre misure punitive annunciate due giorni fa dal governo Netanyahu. Ieri è stato un delirio nei quartieri arabi “blindati” da dozzine di posti di blocco della polizia mentre le guardie di frontiera, schierate ovunque, effettuavano controlli e perquisizioni di giovani. E meno ancora si è parlato dei coloni israeliani che non hanno certo interrotto le loro intimidazioni nei confronti degli abitanti dei villaggi palestinesi in Cisgiordania. E per niente di quanto accade nella città vecchia dove i coloni di Ataret Cohanim hanno occupato ormai in modo permamente un pezzo della strada che dalla Porta di Damasco arriva al Muro del Pianto, nel punto dove furono accoltellati e uccisi a coltellate due israeliani a inizio mese. Si è parlato molto invece della caccia nelle strade di Tel Aviv, a due palestinesi di Gerusalemme est “sospetti terroristi”. Strade chiuse, inseguimenti, elicotteri, decine di mezzi impegnati nelle ricerche. Poi, una volta presi, i due palestinesi sono risultati estranei all’organizzazione di qualsiasi attentato.

 

Il movimento islamico Hamas ha proclamato per oggi una “Giornata della collera”. Israele ha schierato migliaia di uomini a Gerusalemme Est e nella città vecchia.