«Molto tempo prima che Netanyahu diventasse primo ministro, Israele già si opponeva a un Iran in possesso di armi nucleari», ricordava ieri l’analista del quotidiano Haaretz, Amir Oren, «per questa ragione – ha aggiunto – dovrebbe dare il benvenuto all’accordo (di Vienna) e non condannarlo, poiché è un buon mezzo per conseguire un obiettivo vitale». Quella di Oren è una lettura del significato dell’accordo sul programma nucleare iraniano opposta a quella di Benyamin Netanyahu e del suo governo. Ma anche a quella dell’opposizione di centro (laburisti e Yesh Atid) che da un lato critica la gestione fatta dal primo ministro del dossier iraniano e, più di tutto, dei rapporti con l’Amministrazione Obama, e dall’altro usa gli stessi toni apocalittici della destra. In Israele è un coro contro l’accordo che schiude le porte a nuove relazioni tra l’Iran e il mondo occidentale. Rare le voci israeliane diverse, racchiuse nell’espressione più ragionevole del giornalismo o rappresentate da ex comandanti militari e dei servizi segreti. L’opinione pubblica è in balia della politica e di mezzi d’informazione che parlano di un Iran autorizzato dal mondo a costruirsi la bomba atomica e, di fatto, ad usarla contro Israele. «Il mondo ci sta condannando a un nuovo sterminio di massa ma stavolta non resteremo a guardare», ci diceva ieri un giovane universitario alla fermata dell’autobus in King George a Gerusalemme, rappresentando il giudizio di tanti israeliani.

 

Uscito sconfitto dalla battaglia che ha portato avanti per anni contro lo sdoganamento dell’Iran e la revoca delle sanzioni internazionali, reduce dal fallito, per ora, tentativo di mobilitare il Congresso Usa (spesso più filo israeliano della stessa Knesset) contro la linea del compromesso di Barack Obama, Netanyahu ieri ha reagito all’accordo di Vienna accusando, di fatto, i Paesi del 5+1 di aver commesso un «errore di portata storica». Per il leader israeliano le decine e decine di pagine di regole, controlli, impegni fissati da un accordo che ha richiesto una trattativa lunghissima ed estenuante, sono soltanto inchiostro su carta. «Il mondo è molto più pericoloso…Israele non si è impegnato» a rispettare l’accordo di Vienna perche l’Iran «insiste nel volerci distruggere», ha dichiarato ieri Netanyahu durante la seduta straordinaria del Consiglio di difesa del governo. «Nel prossimo decennio questo accordo garantirà all’Iran centinaia di miliardi di dollari – ha aggiunto – una abbondanza di fondi che sarà utilizzata per diffondere il terrorismo e per accrescere gli sforzi di distruggere Israele». «In maniera stupefacente – ha proseguito rivolgendosi in particolare a Usa e Europa – questo cattivo accordo non esige in alcun modo dall’Iran di cessare la propria aggressività». Le potenze mondiali, ha concluso, «hanno così scommesso sul nostro futuro collettivo».

 

Parole che Netanyahu ha ripetuto al presidente Obama, che pure si è affannato a ribadire la sua “vicinanza” alle preoccupazioni di sicurezza di Israele e spiegare i tanti punti chiesti e ottenuti da Washington all’Iran per allentare i timori dell’alleato israeliano. Per Netanyahu, Obama resterà il presidente Usa che ha aperto la porta a Tehran e che non ha dato il via libera all’attacco israeliano contro le centrali iraniane. Resterà l’uomo che ha riconosciuto il ruolo di primo piano dell’Iran in Medio Oriente. Netanyahu e i suoi ministri, ma anche il leader laburista Isaac Herzog che ha parlato di «accordo con il regno del terrorismo», ieri non hanno fatto alcun riferimento al dato che Israele era e sicuramente resterà ancora molto a lungo, l’unica potenza nucleare militare in Medio Oriente, grazie ai suoi 100-200 ordigni che, spiegano esperti internazionali, custodisce segretamente nei suoi arsenali, grazie anche al rifiuto di firmare il Trattato di non proliferazione. L’Iran resta sulla soglia, sulla porta dello sviluppo concreto della bomba A, esattamente come è stato per tanti anni. Il fallimento della trattativa a Vienna avrebbe inevitabilmente spinto Tehran ad assemblare armi atomiche. Ma il governo Netanyahu non sente ragioni, perchè sa che l’egemonia di Israele nella regione da oggi sarà più contenuta e dovrà fare i conti con il peso dell’Iran.

 

Cosa farà Netanyahu per mandare all’aria l’accordo di Vienna è l’interrogativo di molti. Per il professor Gerald Steinberg, analista del centro “BeSa” di studi strategici di Tel Aviv (vicino alla destra), il premier non ha molte frecce a disposizione. «La sua mossa immediata sarà quella di mobilitare il Congresso Usa contro l’accordo ma con scarse possibilità di successo – ci ha detto Steinberg – l’altra più concreta è quella di dimostrare che l’Iran non rispetterà i suoi impegni e che ingannerà il mondo». E, aggiungiamo noi, si può essere certi che il servizio segreto Mossad farà la sua parte nell’individuare ma anche nel creare le “violazioni” all’accordo. Resta inoltre l’opzione militare. Netanyahu e il ministro della difesa Yaalon confermano che «Israele si difenderà», ossia non esiterà, se lo riterrà necessario, ad attaccare l’Iran. «Oggi, dopo l’accordo, l’opzione militare è meno attuabile ma resta e resterà sul tavolo», avverte Steinberg.