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Netanyahu a traino della destra estrema per vincere le elezioni

Netanyahu a traino della destra estrema per vincere le elezioniL'ex premier Benyamin Netanyahu con i leader dell'estrema destra Bezalel Smotrich e Itamar Ben Gvir – AP

Israele/elezioni Una scelta ideologica ma anche obbligata perché i leader della lista ultraradicale Sionismo Religioso, Itamar Ben Gvir e Bezalel Smotrich, sono il vero motore della campagna elettorale della destra capeggiata da Bibi.

Pubblicato quasi 2 anni faEdizione del 29 ottobre 2022
Michele Giorgio GERUSALEMME

Le quinte legislative in tre anni e mezzo, come le quattro precedenti dal 2019, sono un referendum su Benyamin Netanyahu. La maggior parte degli israeliani il primo novembre andrà alle urne non solo per votare il programma di questo o quel partito ma a favore o contro il leader della destra ed ex premier. Netanyahu nel 2021, vincitore delle elezioni nonostante fosse sotto processo per corruzione, fu allontanato dal potere dopo 12 anni di regno ininterrotto da una maggioranza multicolore nata all’unico scopo, o quasi, di vederlo uscire dalla stanza dei bottoni. E con i voti degli israeliani il 71enne Bibi, come è da sempre conosciuto Netanyahu, spera di riprendersi ciò che crede gli appartenga di diritto: la poltrona di primo ministro, a capo di una coalizione di destra guidata dal suo Likud alleato di formazioni religiose ortodosse e di Sionismo Religioso, una lista tanto estremista e razzista che in Europa facilmente sarebbe etichettata come neofascista. Ne fa parte anche Noam, una piccola formazione che si batte contro i diritti della comunità Lgbt.

I sondaggi favorevoli nei mesi scorsi alle ambizioni di rivincita di Netanyahu, nelle ultime settimane hanno dato parecchio ossigeno al premier centrista Yair Lapid che ha visto il suo partito, Yesh Atid, avvicinarsi al Likud accreditato di 30-31 seggi sui 120 della Knesset. La coalizione di destra gravita intorno ai 59-60 seggi e non avrebbe i 61 seggi necessari per formare una maggioranza di governo. Basterebbero poche migliaia di voti in più per arrivare al traguardo ma piccole formazioni di destra senza speranza di passare la soglia di sbarramento (3,25%) rischiano di gettare al vento consensi preziosi per Netanyahu. Come la nazionalista religiosa Casa Ebraica, senza più popolarità a destra per aver partecipato al governo Lapid. La sua leader, Ayelet Shaked, ha respinto l’appello a non disperdere voti lanciato da Netanyahu.

Per la sua rivincita sull’ex premier Naftali Bennett e gli altri rivali di destra che si sono alleati con Lapid, Netanyahu ha deciso di consolidare il rapporto storico con i partiti ortodossi (Shas e Lista unita della Torah). Più di tutto corre convinto assieme alla destra più estremista. Una scelta ideologica ma anche obbligata perché i leader della lista Sionismo Religioso, Itamar Ben Gvir e Bezalel Smotrich – divisi da questioni personali e che Netanyahu ha costretto a coalizzarsi – sono il vero motore della campagna elettorale della destra capeggiata da Bibi. I sondaggi dicono che Sionismo Religioso potrebbe ottenere circa mezzo milione di voti, conquistando 13-14 alla Knesset. Un tale risultato lo renderebbe il terzo partito più grande del paese e una componente fondamentale della eventuale maggioranza di destra.

A Netanyahu piace molto Ben Gvir. Il motivo è semplice. Il leader di Otzmah Yehudit (Potere Ebraico), erede del partito Kach del rabbino razzista Meir Kahane, è un mito per decine di migliaia di giovani israeliani che ha saputo mobilitare contro ciò che resta della sinistra e gli arabi – i palestinesi cittadini di Israele e quelli nei Territori occupati – e di fare breccia nella nuova generazione di ebrei haredim (religiosi ultraortodossi) che simpatizza in modo crescente per la destra e abbraccia il Sionismo respinto, almeno formalmente, dai loro padri e nonni. Netanyahu sa che le comunità ebraiche all’estero, con poche eccezioni, non pongono più veti all’ingresso della destra radicale nel governo di Israele. Perciò si è affrettato ad annunciare che Ben Gvir sarà ministro nel suo futuro governo. Solo tre anni fa aveva affermato che il leader di Otzmah Yehudit «non era idoneo» per una carica ministeriale. D’altronde, spiega il giornalista Nati Yefet, Ben Gvir è stato capace di sottrarre al Likud una delle sue storiche roccaforti, le città di sviluppo nel sud di Israele. «Per decenni – afferma Yefet – il partito di Netanyahu ha ottenuto buoni risultati nel sud, dove nelle ultime elezioni ha vinto in quasi tutte le città a maggioranza ebraica. Ma se visiti oggi quelle città vedrai raramente un poster di Bibi».

Diversi commentatori hanno scritto in questi giorni che data la sua crescente influenza, il programma di Ben Gvir, che aspira al ministero della sicurezza pubblica, potrebbe diventare, almeno in parte, quello di un futuro governo Netanyahu: un’agenzia per «favorire» l’emigrazione e rimuovere i nemici di Israele, cioè i palestinesi, annessione della Cisgiordania e abolizione dell’Autorità nazionale palestinese, no alla cittadinanza israeliana per i palestinesi dei Territori occupati. Tale programma sancirebbe in modo ufficiale la discriminazione su base etnica all’interno di uno Stato di Israele allargato, con la Cisgiordania occupata, in cui ai palestinesi ora sotto occupazione verrebbero negati il diritto di voto e i diritti civili.

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