L’ha detto e l’ha fatto: Eric Schneiderman, il procuratore generale dello Stato di New York, ha denunciato la Federal Communication Commission (Fcc), per la risoluzione che affossa la net neutrality.

Il suo ufficio, insieme a quelli di altri procuratori generali democratici, ha criticato la legge proposta dalla Fcc, giudicata come uno smantellamento della protezione dei diritti civili degli utenti. Si sono uniti per intentare una causa comune.

«La più grande minaccia per i newyorkesi in questo momento è il governo federale – ha dichiarato Schneiderman al New York Times – Quindi stiamo rispondendo all’attacco». Su Twitter il procuratore ha spiegato: «Il mio lavoro è rappresentare e proteggere la gente di New York. Ecco perché abbiamo intrapreso oltre 100 azioni legali e amministrative contro l’amministrazione di Washington».

Non è certo una novità veder schierato l’ufficio di Schneiderman contro l’amministrazione Trump: i suoi avvocati hanno sfidato il primo, il secondo e il terzo travelban e si sono anche formalmente opposti ad altri tentativi di legiferare in senso restrittivo su argomenti riguardanti la limitazione del controllo delle nascite, l’indebolimento degli standard di tutela dell’ambiente, i diritti civili dei transgender.

Nei sette anni di Schneiderman come procuratore generale, il suo ufficio si è gradualmente trasformato in un baluardo di resistenza che si è ulteriormente e prevedibilmente irrigidito confrontandosi con il nuovo governo federale, spesso in concerto con i rappresentanti legali di altri Stati democratici, come nel caso di Xavier Becerra, California, dove sono stati stanziati fondi extra per il procuratore generale proprio al fine di contrastare l’amministrazione Trump.

L’opposizione alla risoluzione della Fcc era stata annunciata solo da qualche minuto quando Schneiderman ha risposto annunciando su Twitter e poi in una conferenza stampa l’intenzione di opporvisi legalmente. In poche ore una dozzina di altri Stati si sono uniti a quello di New York; se si è poi aspettato qualche giorno per formalizzare la causa, è stato per essere certi di essere al completo, con l’adesione di tutti gli Stati che vedono l’abolizione della net neutrality per quello che è: una grave erosione dei diritti e delle tutele dei cittadini.

Ora è tutto pronto per sferrare l’attacco che non vede solo «qualche Stato» contro Washington, ma la maggioranza dei cittadini americani che indipendentemente dalla propria posizione politica vede nella neutralità della rete un bene da preservare.

Non è facile, in questo momento storico negli Stati uniti, trovare un argomento sul quale la maggioranza degli americani condivide una posizione in modo trasversale, mai come ora il Paese è stato tanto polarizzato.

Su questo argomento si è espresso anche l’ex presidente Obama che, intervistato per la Bbc dal principe inglese Harry, ha dichiarato che i social media possono aver gioco facile nel contribuire a spaccare ulteriormente una nazione e che gli animi sono già molto esacerbati. Una dichiarazione che non viene da un luddista nostalgico del secolo scorso, ma da uno la cui prima elezione si deve moltissimo all’uso consapevole dei social.

Obama, senza nominare Trump, ha parlato dell’uso responsabile dei mezzi di comunicazione: «Tutti noi nella leadership dobbiamo trovare dei modi per ricostruire su internet uno spazio comune; i social network sono uno strumento davvero potente per le persone con interessi comuni, per riunirsi ed entrare in contatto».