La Francia vive un periodo di pace e di sviluppo economico. Rispolvera anche le velleità da grandeur, dopo che gli echi della grande mattanza della prima guerra mondiale si sono affievoliti. Ci sono, certo, un po’ di anarchici che destano le ire di sbirri, gendarmi e politici in carriera, ma sono sotto controllo. Il movimento operaio cresce, ma il conflitto di classe cova sotto la cenere. È ancora presto per esclamare: «ben scavato vecchia talpa». Anche il detective privato Nestor Burma, nato dalla penna anarchica di Leo Malet, si è imborghesito, come emerge in questo nuovo appuntamento con l’opera dello scrittore francese della Fazi editore. Il titolo è però evocativo del lato oscuro della società francese: Nestor Burma e il mostro (pp. 192, euro 15) e occorre attendere gran parte del libro per rompere il clima tutto lustrini che si impone nelle pagine.

NESTOR BURMA è diventato un detective privato famoso. Ha risolto molti casi complicati, la polizia lo rispetta dopo anni di pressioni e di minacce al suo lavoro. Da molto tempo non ha casi spinosi tra le mani. Vive e fa soldi accumulando informazioni su tradimenti coniugali. La stampa lo coccola, chiedendogli esclusive sulla sua attività investigativa, anche se uno scaltro giornalista lo ha sfidato affermando che lo metterà al tappeto, perché sarà lui il protagonista assoluto nella risoluzione dei grandi crimini organizzati dai corsi, dai marsigliesi e da feroci omicida. Accadono però delle morti sospette. Vittime sono giovani ragazzi che fanno gli strilloni. Muoiono avvelenati con arsenico mischiato a cioccolatini prodotti da maestri pasticceri di successo. Nestor Burma si mette a caccia, più per noia che per vero interesse. Si ritrova però proiettato sul palcoscenico del mondo dorato dove vecchie famiglie aristocratiche stabiliscono patti di ferro e di complicità con la nuova borghesia, con pittori ridotti a giullari di corte, poeti indifendibili, scrittorucoli e donne splendide e, va da sé, poco intelligenti, come chiosa misoginamente Nestor Burma.

LA VICENDA è però complicata, meno lineare di quanto appaia. C’è un medico teorizzatore in gioventù dell’eugenetica verso gli «inferiori». Lettore accanito di Nietzsche e di biologi razzisti, ritiene che il mondo debba essere purificato per lasciare spazio ai «meritevoli».
Eppure la verità non coincide con quel che appare a prima vista. C’è il giornalista arrivista, ci sono i corsi, i padroni della malavita parigina. Infine, «la» bella donna; figura tragica e tutto sommato simpatica. Nervosa, sofferente per pene d’amore, che tesse la sua trama per sedurre uomini e il fatato mondo che frequenta. C’è dunque una società smarrita, ebbra di un’effimera e tarda belle epoque. Nestor Burma deve abbandonare il ruolo di custode della fedeltà coniugale e indossare i suoi abiti polverosi di disincantato, anarchico detective, facendo diventare questo romanzo un avvincente affresco della Francia che si appresta, da lì a pochi anni, a conoscere l’entusiasmante esperienza del Fronte popolare