Non c’era nessun ordine del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti dietro il tentativo compiuto il 18 marzo da una motovedetta della Guardia di Finanza di impedire l’ingresso al porto di Lampedusa della nave Mare Jonio. Il porto dell’isola siciliana non era quindi chiuso, come invece si continua a ripetere dal Viminale.

A renderlo noto è stato ieri il quotidiano Avvenire che riporta la risposta fornita dal Comando generale del corpo delle Capitanerie di porto alla richiesta avanzata dall’avvocato Alessandra Ballerini che, per conto dell’Associazione diritti e frontiere, il 25 marzo ha chiesto al ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e al ministro degli Interni di rendere pubblica la documentazione circa «il divieto di approdo della nave rimorchiatore Jonio nei porti italiani». La risposta ricevuta non lascia dubbi: «Non risulta – spiega infatti il Comando delle capitanerie di porto – essere stato adottato alcun provvedimento, a rilevanza esterna, in tema di interdizione dell’accesso al mare territoriale o ad ambiti portuali nel periodo in questione».

Oggi la nave della piattaforma mediterranea riprende il mare da Marsala per una nuova missione nel Mediterraneo. Ma quanto affermato dalle Capitanerie di porto non poteva non suscitare reazioni. Il documento, afferma infatti il segretario di Sinistra italiana Nicola Fratoianni, «dimostra che c’è qualcuno nel governo italiano che si sta comportando o dà indicazioni alle forze dell’ordine in totale disprezzo delle leggi e delle norme. E conferma che la scelta del comandante e del capo missione di Mare Jonio di non fermare le macchine fu corretta». Dello stesso avviso anche il dem Carmelo Miceli che ha chiesto al premier Conte di spiegare quanto accaduto.