Tra le malattie croniche che affliggono il Consiglio Nazionale delle Ricerche c’è il grande numero di precari. Oggi sono circa quattromila e in passato sono stati quasi il doppio, una componente fondamentale di un ente con circa ottomila dipendenti.

Come in molti enti pubblici, le forme contrattuali adottate sono le più varie: contratti a tempo determinato, assegni di ricerca, contratti di collaborazione a progetto. La rappresentazione tradizionale del pubblico impiego garantito e omologato è ormai sorpassata. Ad alimentare questa situazione ci si mette anche la Costituzione, che all’articolo 97 prevede che nella pubblica amministrazione si entri solo con le procedure previste per legge, cioè il concorso. Perciò, il giudice del lavoro non può prescrivere l’assunzione diretta di un lavoratore illegittimamente precario, come invece avviene nel settore privato.

I GOVERNI Renzi e Gentiloni hanno posto un parziale rimedio al dilagare del lavoro precario avviando una procedura di assunzione del personale a termine che abbia maturato una sufficiente «anzianità», la cosiddetta legge «Madia». Chi è stato reclutato attraverso un bando o un concorso e ha maturato tre anni di servizio, può essere assunto a tempo indeterminato. Altri, assegnisti hanno diritto a una corsia preferenziale nei concorsi. Giuseppe Mattioli, uno dei membri dei «Precari Uniti Cnr», è nella prima categoria e dovrebbe essere «stabilizzato» nelle prossime settimane. Oltre a lui, «all’incirca duemilacinquecento precari, sui quattromila totali, hanno questi requisiti».

I fondi stanziati dal governo passato e confermati dai gialloverdi (40 milioni di euro per l’anno scorso e quasi altrettanti quest’anno, più un cofinanziamento da parte del Cnr: in totale circa cento milioni di euro) non bastano per tutti. «Con questi fondi verranno assunti tra i millecinquecento e i millenovecento precari», dice Mattioli. Meno della metà del totale, ma comunque un buon gruzzolo.

È IN ARRIVO la finanziaria e per coprire reddito di cittadinanza e riforma delle pensioni al Miur si aspettano tagli. C’è chi dubita che il Cnr possa permettersi nuove assunzioni in questa situazione. Secondo Mattioli, il problema non sussiste: «non si tratta di nuove uscite: i fondi sono già stati stanziati e il Cnr deve solo avviare le procedure». Nessuno dunque addossi all’assunzione dei precari la causa del dissesto del CNR, aizzando una lotta tra poveri che non gioverebbe a nessuno.

LA CRISI si origina altrove. I costi del personale sono aumentati, anche in virtù del rinnovo contrattuale scaduto da quasi dieci anni che prevede recuperi salariali senza un parallelo finanziamento da parte del governo. “Il Consiglio di Amministrazione del CNR pensa di coprire i buchi di bilancio utilizzando i fondi di ricerca”, dice Mattioli, ma nel migliore dei casi si tratta di un trucco contabile, e nel peggiore il rischio che l’attività di ricerca si blocchi anche in quei progetti che sono finanziati da enti esterni, come l’Unione Europea.

IL TEMPO stringe perché il Consiglio di Amministrazione del CNR deve chiudere il bilancio, e le cifre ancora non tornano. Il presidente dell’ente, Massimo Inguscio, vorrebbe comunque approvare il bilancio a fine novembre, come prevede il regolamento dell’ente.

Ma nella riunione del CdA del 30 ottobre sono emerse posizioni diverse. Il membro rappresentante dei ricercatori, Vito Mocella, ha proposto di far slittare a dicembre l’approvazione per “far conoscere pubblicamente le nostre criticità di bilancio e chiedere, se necessario a gran voce, che esse siano affrontate e risolte da governo e parlamento”.