Gli ultimi sono arrivati ieri mattina prestissimo alla stazione Tiburtina. Dodici eritrei, tra i quali un bambino di quattro anni, infreddoliti e affamati. Ad accoglierli hanno trovato un gruppo di cittadini, volontari di Baobab Experience ma non solo, che ormai da due anni rappresentano l’unico punto di riferimento sicuro per le migliaia di transitanti di passaggio per Roma. E come sempre sono stati distribuiti a tutti cibo e vestiti caldi, mentre è scattata la ricerca di un rifugio sicuro per il bambino, suo padre e i loro compagni di viaggio. Roma e le sue istituzioni continuano infatti a non saper offrire uno spazio né una modalità per ricevere in maniera dignitosa persone che scappano da guerre e miseria. Come quelle precedenti, anche la giunta Cinquestelle prende infatti tempo e dà solo risposte parziali, senza offrire soluzioni definitive.

Lo si è capito anche venerdì scorso quando anche l’ennesima riunione del tavolo aperto tra il Campidoglio e le associazioni che si occupano dei transitanti fornendo anche assistenza legale e sanitaria, si è conclusa con un nulla di fatto. L’unica proposta uscita dall’assessorato alle Politiche sociali è stata infatti quella di mettere a disposizione nelle vicinanze della stazione Tiburtina – punto di arrivo per la stragrande maggioranza dei migranti – un’auto con due operatori per fornire informazioni ai transitanti. Questo mentre molti transitanti continuano a dormire all’aperto, con le temperature ormai sempre vicine allo zero.

Una storia che si ripete. Le amministrazioni si succedono ma la situazione non cambia. Il prefetto Tronca poco più di un anno fa ha sgomberato il centro Baobab con la promessa mai mantenuta dell’apertura di un luogo alternativo prima di un incremento dei flussi migratori che regolarmente avviene in primavera. La giunta Cinquestelle insediatasi la scorsa estate ha promesso un cambiamento che avrebbe dovuto portare Roma a costruire un sistema di accoglienza strutturato e non sull’onda dell’emergenza, come stanno facendo, seppure con difficoltà, le altre capitali europee.

A sei mesi dall’apertura del tavolo di confronto invece ancora non si è arrivati ad alcuna soluzione concreta.

Non la tensostruttura momentanea promessa la scorsa estate per accogliere degnamente i migranti nell’attesa dell’apertura a stretto giro di un centro stabile. Non l’autorizzazione per un presidio umanitario di primissima accoglienza dove offrire un pasto caldo, un momento di riposo e una prima assistenza medica e legale dopo un viaggio estenuante. Non un info-point per aiutare i migranti ad orientarsi nella rete di servizi già presenti sul territorio. Di fatto nessuna delle richieste avanzate da chi negli ultimi mesi si occupa della prima accoglienza dei profughi in un piazzale nascosto dietro la stazione Tiburtina cercando di colmare il vuoto istituzionale che la città di Roma non riesce a colmare. Pasti caldi, vestiti puliti, assistenza medica, mediazione linguistica e orientamento legale sono alcuni dei servizi offerti, a costo zero per il Comune, da cittadini volontari, attivisti e associazioni, mentre il Dipartimento delle Politiche sociali fa marcia indietro rispetto a degli interventi immediati e concreti perché si dice incapace di trovare un luogo dove poter avviare queste attività.