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Nessuna intesa dalla breve telefonata tra Biden e Putin

Nessuna intesa dalla breve telefonata tra Biden e Putin

Precipizio ucraino Lavrov a Blinken: «Il nodo è la Nato a Est». L’invasione russa, per gli Usa martedì o merdoledì, quando la Duma vota «l’indipendenza del Donbass»

Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 13 febbraio 2022

Al colloquio telefonico di ieri fra il capo della Casa Bianca, Joe Biden, e il presidente russo, Vladimir Putin, era legata la possibilità di una intesa, anche temporanea, sul percorso da seguire per smontare le tensioni attorno all’Ucraina. Ma dopo lo scambio «lo scenario è rimasto lo stesso», hanno fatto sapere alla stampa americana fonti dell’Amministrazione Biden, e questo significa che le ultime previsioni dell’intelligence, secondo le quali uno scontro militare potrebbe avvenire fra martedì e mercoledì, restano sostanzialmente invariate. «Un attacco avrebbe costi severi», ha ribadito Biden prima di minacciare una «risposta decisa» in caso di invasione. Il sottomarino americano intercettato dalla marina russa al largo delle Kurili rappresenta un monito preoccupante.

A KIEV TUTTE LE AMBASCIATE europee hanno ridotto il personale nel timore di un conflitto, compresa quella italiana. Lo stesso hanno fatto i russi, per evitare, però, quello che hanno definito «il rischio di provocazioni». Biden e Putin hanno parlato anche con il presidente francese, Emmanuel Macron, che a sua volta ha sentito il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, e il collega ucraino, Volodymyr Zelensky. La diplomazia si muove come se le probabilità di arrivare alla guerra aumentassero ora dopo ora. Gli eventi accaduti nel corso delle ultime settimane sembrano oggi condurre verso un risultato preciso. Venerdì Putin ha riunito il gabinetto di sicurezza, che comprende le alte cariche federali e lo stato maggiore dell’esercito. Sull’agenda, come riporta il sito internet del Cremlino, «le relazioni con i paesi della Comunità di stati indipendenti». Di questo vertice ancora non esiste un resoconto pubblico, al di là di un generico saluto del presidente.

Si tratta, però, di un segnale importante. La Comunità degli stati indipendenti è composta dai paesi dell’ex blocco sovietico. Proprio la commissione parlamentare che gestisce quegli affari discuterà martedì l’ipotesi di riconoscere ufficialmente le due repubbliche ribelli di Donetsk e di Lugansk. In caso di parare positivo, l’Aula della Duma sarebbe chiamata a votare il giorno seguente, e quindi mercoledì. Sono le stesse date che l’intelligence americana ha indicato per l’invasione. «Con questa misura vogliamo proteggere i cittadini di Donetsk e di Lugansk da attacchi ucraini», ha detto in una intervista il capo della Commissione, Leonid Kalashnikov.

SUL RICONOSCIMENTO, di cui si discute dal 2014, Putin ha sempre preso tempo. Lo ha fatto anche il mese scorso, quando ha ricevuto dal Partito comunista il testo della proposta. Confidava, probabilmente, nella riuscita dell’iniziativa diplomatica condotta da Macron e Scholz. A Kiev, martedì, Macron ha ribadito la necessità di applicare gli accordi firmati di Minsk nel 2015 che prevedono il ritorno del Donbass sotto l’autorità dell’Ucraina, ma con uno status speciale. «È la migliore garanzia per la sicurezza del paese», ha detto in quella occasione. Ma i colloqui, giovedì, a Berlino, sono terminati con un fallimento. I russi hanno accusato gli ucraini di avere «sabotato» il vertice. L’opzione del riconoscimento è tornata sul tavolo. I russi hanno fatto sapere che Putin l’ha discussa venerdì con i suoi più stretti collaboratori. Ora è sul calendario dei lavori della Duma. Una volta approvata fornirebbe alla Russia la base normativa, unilaterale, certo, ma comunque concreta, per un intervento militare. E’ del tutto lecito pensare che il voto possa avvenire insieme con l’ingresso delle truppe russe nelle due città. Ed è altrettanto lecito mettere in conto una risposta dell’Ucraina.

PER QUESTO TUTTI OGGI si aspettano una guerra. Tutti, e questo è singolare, fatta eccezione per i russi e gli ucraini. «Se avete informazioni certe al cento per cento condividetele con noi», ha detto ieri Zelensky durante una visita alle truppe schierate lungo il fronte: «Non posso essere in accordo o in disaccordo con quel che non è ancora avvenuto; per adesso non c’è una invasione su larga scala». A Kiev avanza il sospetto che le notizie sull’attacco siano il risultato di una campagna di disinformazione ordita proprio dalla Russia. L’obiettivo sarebbe spingere Zelensky ad applicare gli accordi di Minsk. Non ne parlano apertamente, ma temono che l’Amministrazione Biden con i suoi continui richiami alla guerra offra a Putin una sponda, forse in maniera inconsapevole, o peggio ancora, che ne sia complice. Come dire: anche gli americani, in fin dei conti, preferirebbero che Zelensky accettasse gli accordi.

L’ALTERNATIVA, OVVERO, la guerra, avrebbe esiti disastrosi prima di tutto per l’Ucraina. Persino il percorso di accesso alla Nato rallenterebbe. In audizione alle Camere il ministro degli Esteri italiano, Luigi Di Maio, ha ricordato l’articolo 10 del Patto atlantico, secondo il quale l’allargamento deve accrescere la sicurezza collettiva. Eppure, contro gli accordi di Minsk, ieri, nel centro di Kiev, hanno manifestato migliaia di cittadini sotto due bandiere: quella gialla e azzurra dell’Ucraina e quella rossonera usata dagli ultranazionalisti di destra. La manifestazione era organizzata dal Movimento per la resistenza alla capitolazione, che nel corso degli ultimi mesi ha attaccato più volte Zelensky proprio per i colloqui con i russi sullo status del Donbass. «Oggi abbiamo la possibilità di sconfiggere la Russia sia politicamente, sia militarmente», è scritto nell’ultimo documento del gruppo: «Per questo non dobbiamo fare alcuna concessione. Gli accordi di Minsk sono una vittoria per la Russia e una catastrofe per l’Ucraina. Dobbiamo solo dimenticarli». Dall’Ucraina partono in queste ore centinaia di stranieri. Anche la Farnesina ha invitato gli italiani rimasti, circa duemila, a lasciare il paese.

Errata Corrige

Sull’Ucraina scontro telefonico Biden-Putin. Gli Usa: «L’invasione russa a giorni». La Duma discute l’indipendenza del Donbass, visto il fallimento dei colloqui sugli accordi di Minsk, contro i quali ieri in migliaia hanno manifestato a Kiev. Ed è fuga da tutte le ambasciate

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