I rappresentanti sindacali del settore pubblico che firmano accordi collettivi, come i contratti integrativi, non possono essere accusati di danno erariale. Con questa decisione, presa dalle sezioni unite civili della Cassazione, tirano un primo sospiro di sollievo i 14 sindacalisti della Rsu del Comune di Firenze, accusati dalla Corte dei Conti di aver firmato accordi illegittimi. Un vero e proprio caso. Perché, per la prima volta nella storia della magistratura contabile, i sindacalisti erano chiamati – insieme a sei fra dirigenti ed ex dirigenti di Palazzo Vecchio, e cinque revisori dei conti – a rifondere un danno erariale di ben 50 milioni.
La vicenda, che ha punti in comune con quanto sta accadendo al Comune di Roma in merito all’integrativo, aveva avuto inizio nel 2009, quando il Mef e in seguito la Corte dei Conti contestarono il salario accessorio dei lavoratori di Palazzo Vecchio. I rilievi sull’entità del fondo per la contrattazione integrativa, di fatto arrivarono a mettere in discussione la stessa possibilità della contrattazione. “Ora questa sentenza della Cassazione restituisce giustizia e verità sull’operato del sindacato – commenta soddisfatta la Rsu di Palazzo Vecchio – che ha sempre fatto il suo mestiere. E peraltro noi riteniamo che la contrattazione integrativa sia legittima, perché stabilita dal contratto nazionale”.
Su quest’ultimo punto, a settembre ci sarà una nuova udienza davanti al giudice del lavoro: “Chiediamo che sia riconosciuta la legittimità dei contratti decentrati sottoscritti – ricorda la Rsu – e che sia escluso qualsiasi recupero salariale a carico dei singoli dipendenti, sui quali grava ancora la famosa messa in mora del Comune”. Una richiesta di restituzione dei soldi, da alcune centinaia fino a 15mila euro, sulla quale la Corte d’appello di Firenze ha già sentenziato su un caso singolo, bloccando il recupero della somma erogata a un dipendente comunale. Una decisione che potrebbe fare scuola, basandosi sull’accoglimento della funzionalità giuridica della sanatoria introdotta dall’articolo 4 del Dl 16/2014. E che cancellerebbe, per circa tremila fra dipendenti attivi, pensionati e precari (poi non confermati), il rischio di dover restituire quanto era stato peraltro pattuito. Sia quando era sindaco Leonardo Domenici, che quando era primo cittadino Matteo Renzi.