Scrittore e poeta milanese, da vent’anni “Franz” Francesco Krauspenhaar abita il mondo della narrativa italiana come outsider di prestigio. La vena amara, suscettibile, la fantasia e l’imprevedibile versatilità della sua scrittura sono in parte trasposte nel suo ultimo lavoro musicale, il quarto della serie a nome Nerolux. Uscito per la Symposion Records e disponibile in streaming e download, Il viaggio immenso è una sorta di concept album suddiviso in due parti: La partenza e L’arrivo. Il tema è quello del viaggio: “Il viaggio e’ qualcosa che da qualche tempo mi inquieta, come se staccassi la mia ombra da terra e fossi catapultato in un mondo altro. Anche quando racconto nello strumentale Fatima la visione dei pastorelli, tutta l’atmosfera, fatta con vari sintetizzatori, è inquietante, si sta preparando qualcosa che può essere liberatorio ma anche il suo contrario. (…) E’ la musica di un uomo che non di rado ha paura” racconta l’autore in un’intervista a Elisa Giobbi per Wip Radio.

TRA DIVAGAZIONI musicali assurdiste degne dei Residents, Krauspenhaar ci narra il suo viaggiare senza mai veramente spostare lo sguardo dall’enigma del viaggio, lato oscuro dell’enigma dell’esserci. La sua voce rauca, urlante, maltrattata, ma anche ironica, sottile, sediziosa si smarrisce e si ritrova in un continuo cortocircuito di pensieri che a volte sembrano tali solo in quanto detti, tanto risultano sorprendenti. Il tessuto musicale di fondo è prevalentemente elettronico, con numerose incursioni nell’industrial (Krauspenhaar, anche se suona quasi tutto l’album da sé, si avvale di collaboratori di vaglia provenienti dall’underground wave/grey area, quali Like Wake e Gabriel Lecter), ma sono presenti anche spunti percussivi e brani jazz.

LA PARTENZA è fra le due parti la più ostica, con l’apice della quasi-suite elettronica di Fatima che sembra un reperto dimenticato dei primi Legendary Pink Dots. Ma nel lucido delirio della musica dell’album si trova di tutto: mezzi inni pop rallentati e corrotti fino a renderli pezzi di una galleria dell’orrore (Estate), bui paradossi racchiusi in slogan e parti recitate, brandelli di umorismo volutamente volgare che emergono nel non-spazio dell’antinarrativa krauspenhaariana. Il tutto concorre nel fare del personaggio-Franz un Maldoror del surrealismo esistenziale, in un teatro di sottrazioni che, pur nella sua caoticità, non perde mai l’estremo gusto per il dettaglio, la consonanza, l’onirica armonia.