Mentre in Ucraina è ripresa la guerra e il presidente ucraino Poroshenko ha nuovamente accusato la Russia di «invasione», Vladimir Putin, prossimo a visitare l’Expo a Milano, si è difeso da queste accuse in una lunga intervista al Corriere della Sera.

«Non è stata colpa della Russia se i rapporti con l’Ue si sono deteriorati. Non siamo stati noi a introdurre limitazioni nel commercio e nell’attività economica, siamo stati costretti ad adottare contromisure», ha specificato Putin con riferimento alla «lista nera» di personalità straniere cui sarà proibito di entrare in Russia.

E dopo aver ricordato la posizione russa e le complicità occidentali nel regime change di Kiev, Putin ha ricordato che «solo una persona non sana di mente o in sogno può immaginare che la Russia possa un giorno attaccare la Nato».

E proprio nei giorni scorsi Poroshenko aveva annunciato una vittoria per l’esercito ucraino nei pressi di Marynka (si è parlato dell’arresto di 12 «sabotatori» tra cui un russo), ma nessun media e organizzazione internazionale, né tanto meno i ribelli, ha confermato l’operazione.

Sul campo, quindi, i problemi dell’esercito ucraino sembrerebbero rimanere invariati, per ora, in attesa che gli insegnamenti dei trainer americani comincino a dare gli effetti sperati alle milizie di Poroshoneko.

Una preparazione militare che lascia intravedere il futuro dell’accordo di Minsk, destinato a essere superato dalla realtà. Per Kiev del resto i problemi non arrivano solo dal fronte. Ieri nella capitale ucraina un centinaio di attivisti per i diritti degli omosessuali ha tentato di sfilare in un «gay pride» locale.

Ma come annunciato nei giorni precedenti, i neonazisti di Pravy Sektor hanno attaccato la manifestazione.

Secondo quanto hanno riportato i media, negli scontri sono rimasti feriti cinque poliziotti e un aggressore (dati confermati in serata dal ministero degli interni di Kiev). Gli agenti, come hanno riportato i media locali, hanno effettuato 25 arresti e sarebbero intervenuti quando gli appartenenti a Settore Destro (tra i protagonisti della Majdan e dei battaglioni pro Kiev nel Donbass, considerati autori di crimini contro l’umanità da parte di Amnesty) hanno lanciato fumogeni contro i manifestanti del gay pride.

Uno dei cinque agenti colpiti ha riportato una grave ferita al collo. Secondo le testimonianze sarebbero stati circa 200 gli attivisti che hanno partecipato al gay pride, malgrado le minacce degli estremisti di destra. Il sindaco di Kiev aveva chiesto agli organizzatori di cancellare la marcia, nel timore di disordini. Ma il presidente ucraino Petro Poroshenko è intervenuto per difendere «il diritto costituzionale» si manifestare.

Secondo un sondaggio realizzato nel 2013 da Gfk Ukraine, quasi l’80% degli intervistati si opponeva a relazioni sessuali fra persone dello stesso sesso.

L’agguato al gay pride conferma questa tendenza e la totale agibilità politica di cui dispongono membri dei gruppi di estrema destra in Ucraina, nonostante la retorica occidentale abbia tentato di negarlo, dalla Majdan in avanti.