Il vicepresidente del consiglio dei ministri italiano Matteo Salvini arriva oggi in Israele. Il premier israeliano lo accoglierà a braccia aperte, l’estrema destra lo abbraccerà entusiasta. Certo il Salvini che festeggiava il compleanno del padre delle leggi razziali in Italia con il motto «molti nemici molto onore» saprà come comportarsi al museo dell’Olocausto. Un altro ammiratore del duce visiterà Yad Vashem.

Per fortuna, in questi giorni il presidente Rivlin è molto occupato e non ha tempo per Salvini. Rivlin, un uomo dichiaratamente di destra che in questo periodo è fra i pochi che ancora difendono alcune regole della democrazia liberale, ha recentemente dichiarato che comprende le necessità politiche dello Stato ma che occorre mettere un limite all’accettazione di forze neofasciste. Il capo dello Stato non si riferiva ai vari Salvini. Senza dirlo esplicitamente prendeva le distanze dalla linea che caratterizza l’attuale governo israeliano.

Yad Vashem, il noto museo dell’Olocausto a Gerusalemme, ha già ricevuto visitatori particolari, alcuni francamente neofascisti, altri che cercavano di nascondere le proprie radici neonaziste. C’è chi è stato ricevuto con tutti gli onori, c’è chi si è dovuto accontentare di alcuni israeliani «realistici» e «patriottici» dell’estrema destra.

Polacchi, austriaci, ungheresi, italiani, neonazisti, fascisti, antisemiti che vogliano pulire la propria immagine, possono farlo concretamente grazie alla formidabile lavanderia del premier israeliano Benjamin Netanyahu. Non staremo a far storie sul vostro antisemitismo e sul passato tenebroso: basteranno alcune prese di posizione pro-israeliane e diventerete parte del club degli smemorati. Basta accettare la logica della guerra, dell’occupazione, della politica aggressiva del governo israeliano.

I polacchi vogliono pulire le macchie del proprio passato con una legge che lo riformuli: fummo vittime, quasi come gli ebrei. Una storica di Yad Vashem ha dato loro una mano, firmando un discutibile documento congiunto. Ma tanto Yad Vashem quanto gli storici più importanti dell’Olocausto hanno reagito con indignazione, chiarendo che, benché si debba distinguere fra tedeschi e polacchi, non è possibile nascondere l’antisemitismo e i crimini orribili compiuti anche da questi ultimi.

E in Ungheria, quando Miklosh Horty arrivò al governo nel 1920, fu un boom di leggi antiebraiche. Alleato di Hitler, quando iniziò l’attacco contro l’Urss consegnò ai tedeschi 18mila rifugiati ebrei. Nel 1944 aiutò Adolf Heichmann a mandare a morte oltre 400mila ebrei e solo la minaccia del presidente statunitense interruppe queste partenze, perché Horty capì che aveva in mano una carta da giocare: la sorte di 100mila sopravvissuti. Viktor Orbán, grande amico di Netanyahu e una delle guide del movimento antidemocratico in Europa, è un grande ammiratore di Horty e del «luminoso» passato dell’Ungheria. Vuole un museo dell’Olocausto, dai contenuti «favorevoli» alla storia dei «bravi ungheresi».

Dirigerà il museo una figura problematica come Mária Schmidt, definita dai suoi critici «la storica di palazzo di Orbán». I tentativi di dialogo con Yad Vashem e gli storici israeliani sono falliti. Schmidt dirige anche Figyelov, un settimanale che ha pubblicato una copertina nettamente antisemita con la foto di Heisler, leader della comunità ebraica in Ungheria.

Di fronte alle proteste internazionali, il premier ha dichiarato: «Da noi c’è la libertà di stampa». Heisler si è recato in Israele ma il premier non ha avuto tempo di incontrarlo. Lo ha ricevuto invece il presidente Rivlin.

Ma viene offerta solidarietà agli ebrei di fronte ad attacchi antisemiti? In Ungheria, o quando uno statunitense ha assassinato undici fedeli che pregavano in una sinagoga a Pittsburg? Sì, ma. Sì, ma Donald Trump lotta contro l’antisemitismo, Orbán è un grande amico e ci aiuta a costruire un’alleanza internazionale molto equilibrata che si batte per Israele, contro il terrorismo islamico, e contro gli antisemiti di sinistra.

Israele attraversa una fase preoccupante che non minaccia solo la pace nella regione. Il cancro del razzismo si sta espandendo in modo preoccupante. Due anni fa un generale dell’esercito si è giocato la carriera per aver messo in guardia pubblicamente contro i pericolosi processi in corso, che gli ricordavano l’Europa degli anni 1930. Domenica scorsa il noto intellettuale Yaron Mondon, che conduce un programma giornaliero su Canale 10, ha presentato un’inchiesta dal risultato inquietante.

Dopo l’indagine della Cnn sull’antisemitismo in Europa che ha tanto preoccupato i leader israeliani ed europei, il suo programma ha rivolto a israeliani domande simili, ma riguardo al loro atteggiamento nei confronti dei palestinesi, nella vita quotidiana, casa, studio ecc. Ebbene, com’era prevedibile, la paura e il conflitto alimentano un razzismo crescente; siamo ormai più razzisti degli europei!

Il fascismo si sta radicando sempre più in questa società che vede ogni giorno distruggere il tessuto di un sistema democratico che è sempre più etnocratico. Una «grande democrazia» per gli ebrei, con due milioni di cittadini arabi discriminati e altri quattro milioni di persone sotto occupazione e sprovviste dei più elementari diritti umani, politici e sociali. La destra israeliana darà dunque il benvenuto a Salvini che porta con sé l’atmosfera sempre più cupa di un’Europa minacciata dalle destre razziste e fasciste.