Constatiamo ogni giorno come non riescano ad affermarsi e a prender forma, nel pubblico e nel privato, giudizi ed atti improntati a coerenza e linearità. O decisioni prese nell’osservanza di regole convenute. O comportamenti rispettosi dell’altro e del diverso. Così come sono per solito inascoltati e negletti i ragionamenti intesi a ponderare, analizzare, capire gli accadimenti e le incombenze che pendono. Prende invece campo e, per dir così, si installa e vien riconosciuta ogni qualsiasi presa di posizione unilaterale, ogni affermazione immediata e diretta che chieda di imporsi come tale, che pretenda di esercitare poteri in nome e nell’interesse di una parte e di un gruppo e si dichiari pronta cancellare o rimuovere o sospendere diritti acquisiti e norme.

Ogni giorno constatiamo questo sovrapporsi e contrastare di forze che si muovono e agiscono ciascuna per il proprio tornaconto, cercando ciascuna un punto pur effimero e transitorio per arroccarsi, per operare freneticamente al proprio mantenimento. Qualunque successo pare scaturire dalla sopraffazione e dallo spirito di parte. Non val ricorrere alla disamina critica, alla riflessione adeguata, impostata per valutare scelte fatte e atti compiuti, condotta con l’intento di approfondire, di correggere, di darsi una spiegazione, con il proposito di rettificare e migliorare l’efficacia pratica dei propri convincimenti e metodi.

Di quanto è accaduto, quando se ne intenda o debba tener conto, si è in grado di fornire solo giustificazioni o ricostruzioni fittizie, frasi fatte, montate sull’aggregazione di cascami, di scarti, di residui utili a compitare facili banalità di pronto uso. Sempre più spesso e sempre più diffusamente anche il gesto appena compiuto è una mancanza di traccia, è la tabula rasa approntata stamattina perché oggi, ora, si possa in libertà affermare una esigenza, rivendicare un ascolto, mostrare che si è in scena. Il risultato è quello di una sommatoria di frammenti incompatibili in perpetuo movimento, una dinamica costituita di elementi gli uni con gli altri non miscelabili, ma solidali tutti nel riconoscere legittimità a che ciascuno, per la sua parte, persegua il proprio scopo, mettendo in conto attriti, frizioni, scontri. E, nel ciascuno per sé, coltivare l’insulto, preparare la mossa traversa, proferire la parola infida che, al momento opportuno, si rovescia nel suo significato contrario e opposto. Ogni giorno constatiamo le avventate mosse di uomini privi di scrupoli, ineducati, incolti, refrattari agli studi, rozzi di rozzezze inconsapevoli. Essi occupano la cosa pubblica con proditoria iattanza, con ostentata incompetenza, con esibita arroganza a vantaggio personale e di gruppi privati, di consorterie e bande. Uomini che, emergendo dai fondi torbidi e corrotti della società, salgono per i gradi delle istituzioni politiche, ne esercitano le funzioni. Costoro appoggiano le loro fortune su un vasto basamento, quello della moltitudine anonima dei consumatori impoveriti e degli spettatori occupati giorno dopo giorno con intrattenimenti puerili e analfabeti, debilitati ostaggi di discussioni deraglianti affidate a un giro di guitti che ha parte in commedia. Sono questi gli uomini che, forti di tale legittimazione, devastano ed escludono quanti per carattere, per ruolo, per formazione sono motivati, nelle loro funzioni e nei loro convincimenti, da vincoli di responsabilità civica.

La legittimazione al governo della cosa pubblica assicurata da moltitudini anonime. Non da una classe o da un ceto, da un progetto o da un credo, da una identità o da una appartenenza.

Così oggi in Italia, dove è neutralizzata e offesa la parte civile, colta e consapevole del paese. Nel secolo che insanguinò l’Europa dal sacco di Roma del 1527, ai massacri parigini della notte di San Bartolomeo nel 1572, circolavano stampe con il personaggio di Nemo (o Elck o Niemand) ovvero Nessuno. Nemo, l’anonimo della moltitudine, si aggira per strade ingombre di ogni sorta di oggetti rotti, abbandonati, inutilizzabili, sparsi in frammenti a terra. Nemo cerca, ma non sa cosa. Infatti, si legge, Nemo non ha consapevolezza di sé.