Purtroppo, come per altri titoli di cui si parla in questa pagina, domenica scorsa è stata davvero, almeno per ora, il giorno de «l’ultimo spettacolo»; anzi a Coefore rock & rolll di Enzo Cosimi è toccato chiudere prematuramente l’intera edizione 2020 del festival Romaeuropa. Un destino ignaro per la coreografia dell’artista romano, ma paradossalmente molto giusto per l’occasione. Seconda parte di una trilogia dedicata all’Orestea di Eschilo, Le coefore appunto, ovvero le donne che vanno in pellegrinaggio alle tombe. In una ala lunga dell’ex mattatoio romano, ne appaiono sette, nerovestite spettatrici (insieme prefiche ma anche esorciste della situazione) del sangue che in quella notte torna a scorrere nella reggia di Argo.

UNA SCENA però che non è funerea, quanto sfrenata e vitale, per la danza e la prestanza dei suoi protagonisti, e per l’universo policromo con cui quelli si misurano: mantelli e tappeti multicolori, ieratici e multiuso, di quelli che le nonne un tempo creavano all’uncinetto. Danzando e giocando con quel vestiario che può distendersi a vela o raggomitolarsi a matassa, le due coppie, una maschile e l’altra femminile, evocano le possibili visioni di quella notte che ha dato luogo al mito: le donne possono essere lo sdoppiamento della sola Elettra, o mettere al suo fianco la sorella Crisotemi o la madre snaturata Clitennestra. Così come intuitivamente a fianco a Oreste potrebbe stare il proprio doppio, ma anche l’odioso Egisto, o l’amico Pilade. Ma Cosimi è ben lontano dallo «sceneggiare» la tragedia: la forza dei suoi corpi danzanti (con un music set dal vivo) ci restituisce sul ritmo sonoro di oggi, che i danzatori governa e racconta, la carica esplosiva e ineluttabile di quella notte. E dei miti che ne sono nati e cresciuti. Una esplosione di energia vitale dentro il mistero di una tragedia.