La più importante delle recenti riedizioni di editi e inediti di Prince rimarrà probabilmente il box celebrativo del doppio vinile 1999, rilasciato dalla Warner. 1999, qui rimasterizzato nel primo cd, è la sintesi misurata e perfetta, in termini di liriche (è quasi un manifesto di eros, spesso metaforico, politica, visione del mondo) e canzoni dei due precedenti album, Dirty Mind (’80) e il robotico Controversy (’81). Lavori nati dal suo primo colpo di genio: fondere funk e r’n’b con la nascente gelida synthwave, in un caleidoscopio tematico erotico intriso di humor e rivelazioni sottotraccia.

POCO INTERESSANTE il secondo cd, quello di singoli, remix e B Side, visto il numero di Single Edit, mentre i 2 cd «Vault Tracks» ci restituiscono un 1999 alternativo, in cui inediti o bozze di futuri brani spaziano da un funk futuristico a un soul più tradizionale a sprazzi di musica sperimentale. Completano la release due concerti dell’epoca, uno su cd e uno su dvd.
Prince è un fenomeno che suona ogni strumento e produce tutti i dischi che escono a suo nome (ma anche a nome altrui). Ha visioni creative intensissime, quasi oniriche e ultraterrene, che lo portano ad esempio, dopo il megasuccesso di Purple Rain, a concepire un disco dai toni spirituali e dalle insolite soffuse atmosfere come Around The World In A Day, stupendo critici e fan. L’artista vive nella sua musica da cui ogni tanto fa capolino. Nel suo universo parallelo è perfettamente logico comparire in pubblico con la scritta «slave» sul volto non molto tempo dopo aver firmato un contratto multimilionario con la Warner: egli sente la mancata proprietà dei suoi master e l’impossibilità di pubblicare la mole di materiale che ritiene pronta come forme di schiavitù spirituale che è eticamente obbligato a denunciare.

RISCHIA il ridicolo mutuando il nome in un geroglifico impronunciabile, rilasciando (nel seguire probabilmente il suo misterioso filo logico), interviste imbarazzanti o menzognere, lui così timido e vulnerabile. Ha preso da Bowie il senso di mistero, ma non la furbizia terrena, non per intero. Prince, come Bowie, è astuto e spesso crudele e capriccioso con i suoi collaboratori (anche perché sempre preda di nuove smisurate fantasie che scombinano i piani precedenti), ma non sa dosare pazienza e savoir-faire.

I PRIMI ’90 sono il suo periodo peggiore, quando è ancora una star in quanto a vendite ma perde il contatto con la sua stessa ispirazione, rimaneggiando soul, funk, hip hop senza l’abituale magia. Ma, liberato dal contratto con la Warner, la sua creatività sembra rinascere, solo a periodi data la gran quantità di musica che pubblica fisicamente o mette in rete. Emancipation, Crystal Ball Musicology sono tra i capolavori della sua maturità. Prince spazia anche nel jazz e nell’avanguardia, in una continua operazione di disorientamento che è una specie di tecnica di sopravvivenza alla celebrità planetaria. E ha continuato per anni a fluttuare in un universo senza dimensioni, finché, all’improvviso, un’overdose di Fentanyl non ce l’ha portato via.