Nelle «Istruzioni per ammorbidire il mattone» – il primo dei frammenti che costituiscono una sorta di premessa ai brevi racconti strampalati contenuti in Storie di cronopios e di famas – dove i «famas» rappresentano la ratio e l’efficienza, mentre i «cronopios» alludono ai sogni, alla poesia, alla spontaneità – Julio Cortázar rifiuta l’ordine precostituito che codifica e imprigiona il nostro mondo, attraverso gli stereotipi, la regolamentazione della vita, le convenzioni, i comportamenti prevedibili.

È dallo spazio che l’autore deriva la metafora in grado di restituire la potenza del processo di decostruzione in atto e l’opposizione alle false trasparenze, alla presunta solidità delle certezze paradigmatiche: «Il lavoro di ammorbidire il mattone tutti i giorni, il lavoro di aprirsi un passaggio nella massa appiccicosa che si proclama mondo». Il mattone ortogonale rappresenta un mondo regolare, che Cortázar definisce Gran Costumbre, strutturato in maniera tale da costituire una invisibile e invalicabile prigione.

Con le sue definite forme geometriche, con il suo glaciale spessore, esso separa l’uomo da tutto ciò che costituisce la realtà altra. Il muro trasparente si frappone tra la mente umana e le infinite direzioni di cui è capace, relegando l’esistenza a una serie di prevedibili e cicliche ripetizioni.

All’apparente infrangibilità del muro della Gran Costumbre, all’aridità di uno sguardo sul mondo sempre uguale a sé stesso, Cortázar oppone il sorriso dell’umorismo decostruttivo. Lo spazio così come siamo abituati a concepirlo e immaginarlo, la geometria carica delle ideologie che l’hanno codificata, costituiscono la metafora della prigione invisibile, della dolorosa costrizione delle idee e della colpevole rassegnazione di una rinuncia.

Carceriere e allo stesso tempo prigioniero, l’uomo finisce per essere vittima della propria pulsione regolatrice, concretizzata in strutture che, nel proteggerlo, lo allontanano dall’eros fugace e frammentario dell’esistenza. Solo a coloro che saranno capaci di infrangere le geometrie della convenzione, dell’abitudine, della vita protetta e cieca, sarà concesso accedere alla rischiosa libertà di una rinascita, alla possibilità miracolosa di uno sguardo nuovo sul mondo: «con i gomiti e le palpebre e le unghie andrò a fracassarmi minuziosamente contro la pasta del mattone di cristallo, e mi giocherò la vita avanzando un passo dopo l’altro per andare a comperare il giornale all’angolo». Lo spazio nuovo che si apre ai temerari attraversatori delle barriere di cristallo, corrisponde alla possibilitante e prolifica area del gioco. Dalla Gran Costumbre si passa così al Gran Jeu.

Esercizi di decostruzione

Nell’opera di Cortázar l’azione del gioco si realizza nel sottoporre una parola, in apparenza conforme a un codice riconosciuto, a un altro codice che pur lasciandola immutata la stravolge e la sdoppia al suo interno. Attraverso questa torsione della parola, si riesce a costituire una sorta di passaggio, tramite il quale superare il muro che circonda e protegge il nostro mondo per approdare alla realtà altra tanto cara ai surrealisti. È in questa capacità di trasformazione del linguaggio che si gioca la sfida di Cortázar: far vacillare ogni certezza, smontare il Reale e farne percepire la fragilità. Avviene ad esempio in «Manuale di istruzioni», prima sezione di Storie di cronopios e di famas, che custodisce in sé già le radici di Rayuela, il più famoso romanzo dello scrittore argentino, datato 1963; e anche in molte delle numerosissime ed eterogenee scritture che fanno parte di Ultimo Round, del 1969, a undici anni dalla sua prima edizione italiana ristampato, sempre nell’ottima traduzione di Eleonora Mogavero, da SUR (pp. 385, euro 18,00).

È pressoché impossibile raccontare la infinita serie di suggestioni e di istanze poetiche presenti in questo libro: boxe, teoria del racconto, decostruzione della scienza e della logica dominante, erotismo, filosofia, musica, viaggio, confessione autobiografica dell’intellettuale latinoamericano all’estero e omaggi a vari autori (Resnais, Mallarmé, Adorno, Macedonio Fernández, Felisberto Hernández) sono solo alcuni dei temi presenti. I frammenti di cui il libro si compone rimandano a pratiche di scrittura tra le più svariate, benché si organizzino intorno a centri del pensiero ricorrenti; tra questi, uno in particolare sembra comprendere in sé le ragioni più profonde di molti altri: quello che Macedonio Fernández, uno dei grandi maestri della letteratura Argentina del XX secolo, ha chiamato «umorismo concettuale»: un sistema metafisico di scrittura il cui fine è scardinare le certezze paradigmatiche a favore di una rinnovata e vivifica libertà creativa.

Nelle infinite possibili direzioni che caratterizzano l’opera letteraria si gioca dunque una battaglia decisiva, senza distanza tra scrittura e vita. Dalla trasgressione dei codici esistenti, l’umorismo trae la propria forza destabilizzante e si impone al lettore come il segno nuovo di una rinascita, un attraversamento immaginifico e a tratti doloroso tra le crepe del reale, dove si infrangono le nostre certezze: dalla scienza alla convenzione, dal linguaggio alle coordinate dello spazio-tempo.

Persino l’erotismo fa parte di questo processo; nel frammento «La tua pelle più profonda», gli incontri, eterni e allo stesso tempo fugaci, le geometrie dei movimenti su un letto, i viaggi da fermi che compiono gli amanti sfidano il muro di cristallo: «il nostro pianeta più preciso è stato quel letto in cui lente, imperiose geografie nascevano dai nostri viaggi». Anche il ribaltamento del progresso scientifico fa parte dell’analisi critica di Cortázar: nel frammento «Il Tesoro della Gioventù», dal cielo alla terra, dai jet agli aerei a elica, dalle navi al nuoto, dai treni alle passeggiate a piedi, tutto è sovvertito.

Un continuo invito al gioco

Orizzonti inimmaginabili si aprono per chi riuscirà in piccole, ma strategiche, rivoluzioni: percorrere le scale a ritroso, pensare la semplicità e l’originaria libertà come fine ultimo del progresso, vivere l’incontro tra due amanti come un viaggio infinito, la costruzione di un racconto come una possibile trasgressione di tutte le regole esistenti: infrangere il muro della Gran Costumbre per abbracciare il gioco aperto a mille possibilità della vita e ritrovare la «saggezza diversa» descritta da Italo Calvino nel Lampo. Cortázar prende per mano il lettore e lo conduce in una regione dell’immaginario che non presenta ostacoli culturali o pedanti pesantezze; il suo è un continuo invito al gioco, a una allegra, quasi scanzonata immersione nell’abisso del senso, dove il lettore si perderà, senza rendersene conto.