Una scena semplice, ma millimetrica e funzionale alla parola, che esce copiosa da questo Svenimenti – un vaudeville e va a regalare una vera chicca cechoviana, l’humus di quel suo tempo e del mondo teatrale, il Teatro d’Arte di Stanislavkij, in cui le sue opere prendevano vita. Ed è proprio a Olga Knipper, attrice della grande compagnia moscovita e poi moglie di Cechov, che Elena Bucci dà corpo e voce, in una duplice veste di narratrice e attrice, passando dal registro dei ricordi appassionati di amante e donna di teatro a quello mimetico, accanto a Marco Sgrosso e Gaetano Colella, nelle pungenti scritture brevi del drammaturgo russo.

Stretta in un impeccabile soprabito nero, Bucci-Olga attraversa il fitto scambio epistolare per restituire la passione di quella loro breve relazione, interrotta dalla morte prematura di Cechov, e la nostalgia per l’assenza del marito, costretto dalla tubercolosi a lunghe permanenze a Jalta. Per lanciarsi subito dopo nel gioco esilarante della Domanda di matrimonio, l’atto unico in cui la comicità si fa portatrice dello sguardo tagliente di Cechov nei confronti dei tipi e della loro decadente società.

La borghesia terriera messa alla berlina, come nell’Orso, l’altro breve testo, animato dall’affiatato terzetto, tra apparizioni e false scomparse dietro la trasparenza di quei veli bianchi che segnano i cambi di scena.

Nel rapido passaggio romano Le belle bandiere, compagnia di Bucci e Sgrosso attiva da un quarto di secolo in parallelo alla loro presenza nel gruppo di Leo de Berardinis, sono state accolte al Teatro Palladium dell’Università Roma Tre (il 16 e il 17 dicembre al Teatro Kismet di Bari), forse il luogo più adatto a ospitare la trasmissione di un rigoroso sapere scenico e testuale.

Una lezione di teatro, che passa attraverso la costruzione di una drammaturgia inglobante materiali diversi – lettere, racconti, atti unici – e che scorre insieme al suono di Raffaele Bassetti con Franco Naddei, per riconsegnare lo spirito profondo di Anton Cechov, la sua gioia di vivere contro la malattia, l’ironia, le insicurezze e le paure del debutto per il giudizio del pubblico. I suoi – e i nostri – Svenimenti.