Arabella è una donna, una persona, di quelle da cui è difficile (vedi impossibile) non rimanere incantati. È bella, spavalda, in movimento dentro alla vita che afferra con irriverenza, testardaggine, senza paura dei rimpianti o delle amarezze. Per lei c’è sempre stata una passione, il cinema, farlo, farlo vedere, condividerne l’avventura con gli amici, gli amanti, una «strana famiglia» allargatissima che va e viene nella sua casa. C’è l’arena che hanno costruito tutti insieme nel paesino pugliese, Arabella è rimasta anche quando gli altri sono andati via continuando a staccare i biglietti e a proiettare. Ci sono i film, le immagini degli anni, della società italiana e delle loro esistenze che di questa società raccontavano la parte insofferente, quella che lottava per cambiare «privato e pubblico». E c’è suo figlio, ragazzino spettatore che quel mondo sembra subirlo, si sa i bambini sono sempre conservatori, forse per questo appena cresciuto se ne è andato via. Accanto a Arabella è rimasta Vera, una ragazza che scrive la sua tesi su di lei, la intervista, la filma con lo smartphone, ne raccoglie le confidenze e i momenti tristi, l’accompagna alla morte.E quando Arabella non c’è più organizza una serata per lei all’arena con tutti gli amici di un tempo, oggi preti, magistrati, col rimorso di averla lasciata sola …

L’età d’oro si ispira alla figura di Annabella Miscuglio, cineasta, femminista, tra i fondatori dello storico cineclub romano Filmstudio, che spalancò gli occhi di molte generazioni cinefile su quanto avveniva nel mondo e nell’immaginario tra underground, nuove onde, cinema politico, sperimentazione. Ma anche regista Rai (tra le altre cose a lungo del primo Chi l’ha visto), studiosa e teorica della donna nel cinema, coautrice di quel Processo per stupro mandato in onda dalla Rai nel ’79, documento durissimo sulla violenza del sistema giudiziario, avvocati, pubblici ministeri, nell’accanirsi sulle donne stuprate anche in tribunale. E di molti altri film, il rito della Taranta, gli operai, il maschile. Ma è soprattutto AAA offresi (’82), con cui voleva raccontare la prostituzione dal punto di vista dei clienti (compreso un poliziotto…) che le scatena contro istituzioni e censori. Finisce in tribunale, un processo lunghissimo, il doc è bloccato …

Tutto questo c’è nel film di Emanuela Piovano che di Annabella Miscuglio è stata amica – la cogliamo nel personaggio di Vera, interpretato da Emilia Costantini – come Arabella che è invece Laura Morante, anche Annabella era pugliese, di Lecce. Il gioco dei rimandi, pure se tutto «interno» potrebbe continuare – in un cameo appare uno stralunato Adriano Aprà anche lui anima del Filmstudio. Però non siamo a Roma ma appunto in un paesino pugliese, e tutto quanto fa parte della storia «intima», a cominciare dal figlio che cerca di pacificarsi con la figura materna appartiene alla narrazione della regista anche autrice della sceneggiatura insieme alla nostra Silvana Silvestri, a Francesca Romana Massaro e a Gualtiero Rosella. Compreso quel sentimento di sfumata nostalgia che però più della cinefilia di quegli anni Settanta sembra toccare la vita, le sue possibilità, quel momento in cui tutto poteva ancora succedere, o almeno molto, L’età d’oro….

Non è infatti soltanto un film sul cinema questo, anche perché di cinefili ce ne sono moltissimi persino troppi pure oggi, abitano la rete e però sono una comunità di scambio di indirizzi dove scaricare film rari, commenti sui social, critiche a profluvio. Certo andare in sala era diverso, contatto laterale al buio, ginocchio che si sfiora – si rimorchiava ai cineclub.

Quello che però illumina la regista nella sua storia è l’intreccio tra vita e cinema, i suoi personaggi non sono quei cinefili nerd che snocciolano a memoria cast e credits e quant’altro. Il cinema per loro è un’arma rivoluzionaria, l’invenzione di un modo di vivere, di una resistenza, della lotta contro pregiudizi e sopraffazioni. Di piaceri in quel momento messi sotto accusa sempre (anche dai figli…). Sognare davanti allo schermo era un modo di aprire gli occhi e farli guardare lontano, molto oltre ogni film.