Alle 10 di mattina il campus dell’università statale di Mosca è semideserto. Gli studenti sono tutti rinchiusi nei loro dormitori per prepararsi agli esami previsti durante tutto il mese di giugno. Tra poche ore saranno costretti a fermarsi, perché le loro stanze, ricavate all’interno del più alto dei grattacieli staliniani, saranno invase dal chiasso infernale del Fifa Fan Fest, l’enorme area ipersponsorizzata con maxischermo che il comitato organizzativo ha deciso di installare proprio nel parco dell’università. Gli studenti hanno dato battaglia per mesi al rettore. Hanno fatto catene umane, petizioni, attirato l’attenzione di un bel po’ di giornalisti stranieri.

Poi ovviamente hanno perso. Dmitri Petelin, una matricola di filologia, è stato arrestato lunedì scorso, e poi rilasciato dopo diverse ore, per aver scritto un insulto contro la Fifa su un cartello provvisorio installato per l’occasione. «È costato 50000 rubli». Oggi vedrà la partita, ma senza grande passione, perché preferisce l’hockey. Così come la sua collega Nadya, che tiferà la Sbornaja nonostante Putin, perché: «tanto è uguale: se andrà bene, se ne prenderà il merito; se andrà male, darà la colpa a qualcun altro». Qualche ora più tardi un attivista inglese viene arrestato vicino alla Piazza Rossa per aver protestato contro le torture dei gay in Cecenia.
Ma sono solo rumori di fondo nella placida giornata di sole che conduce alla partita inaugurale della ventunesima edizione dei mondiali di calcio, la prima in Russia, il ritorno in Europa dopo dodici anni.

Allora, in Germania, aveva vinto l’Italia. Quest’anno non c’è, dopo 50 anni. Nei dintorni dello stadio Luzhniki, il fu stadio Lenin costruito nel 1956 per le Spartachiadi (c’è ancora la grande statua di Lenin, ai suoi piedi i banner Adidas e Visa), l’atmosfera è quella tipica dei mondiali di calcio più recenti: sgargiante ma composta, quasi anestetizzata. I temutissimi hooligans russi sono stati fermati ai nastri di partenza: si parla di perquisizioni e arresti preventivi.

Il marchingegno Fifa deve funzionare alla perfezione come sempre, e come sempre oliato da migliaia di lavoratori volontari, forse la più grande assurdità delle tante cose assurde che si vedono ai Mondiali. Il menù ha offerto lo scontro tra le due squadre con il ranking Fifa più basso al momento del sorteggio, Russia e Arabia Saudita. In sala stampa i russi vanno tutti a cercare Igor Rabiner, il più celebre dei giornalisti sportivi locali. Che li tranquillizza: «Se stasera non vinciamo, siamo già fuori dalla Coppa del Mondo (la Russia dovrà poi incontrare le più forti Egitto e Uruguay, ndr)».

Nei giorni scorsi i russi incontrati nei dintorni della Piazza Rossa, quando non distratti dal viavai carnevalesco dei tifosi venuti da tutto il mondo, ci chiedevano: perché siamo così scarsi? La consapevolezza della debolezza della Sbornaja è ben impressa nella coscienza dell’orgoglioso popolo russo, con un 50% che secondo sondaggi non crede la propria nazionale in grado di superare il girone eliminatorio. E persino in Putin, che dà la colpa ai troppi giocatori stranieri militanti nel campionato locale. «Si vede che è un tifoso di hockey…» dice Rabiner, «il nostro è l’unico campionato europeo nel quale le squadre devono schierare cinque giocatori russi da regolamento».

Al contrario, spiega dunque, «la certezza di avere il posto in squadra, insieme ai salari fuori mercato, rende i giocatori russi pigri e poco competitivi». Ma nemmeno l’ingaggio di due duri come Capello e Advocaat è bastato per far passare alla Russia il girone eliminatorio di una competizione internazionale. Dalla dissoluzione dell’Unione Sovietica ad oggi sono passati soltanto una volta, agli Europei 2008.
Nelle sei amichevoli premondiali la squadra guidata dall’ex portiere Cherchesov, di settimana in settimana sempre più nervoso e aggressivo, aveva raccolto sei tra pareggi e sconfitte, con due disfatte umilianti contro Turchia e Austria. E così, se qualcuno strabuzza gli occhi quando sente Putin, nel suo discorso inaugurale (giornalisti tutti in piedi: perché?), descrivere la Russia come un Paese «aperto e amichevole», la vera sorpresa arriva subito dopo, nel vedere la sua nazionale così in palla sin dal calcio d’inizio. Alla fine è 5-0, con la doppietta di uno dei soli due giocatori non militanti nel campionato russo, Cherishev del Villarreal.

E con Putin che quasi sembra scusarsi con il suo vicino di tribuna, il principe e riformatore saudita Bin Salman, tra i non molti potenti ad aver accettato l’invito del presidente russo per questa partita. A fine match, la conferenza stampa del CT viene interrotta a metà, quando il tecnico riceve la chiamata di Putin: sono tante congratulazioni e così, al suo ritorno in sala stampa, Cherchesov è finalmente la persona gioviale che la vista del suo viso rubicondo lasciava a tutti presupporre.

Adesso alla Russia serve una vittoria con Uruguay o Egitto per arrivare almeno agli ottavi di finale. Da oggi il Mondiale entra nel vivo, quando, con il grande scontro Spagna-Portogallo, si cominceranno a sciorinare alcuni dei grandi temi di questo torneo senza l’Azzurro: la rinascita degli spagnoli, che vogliono puntellare con un’altra vittoria il loro dominio clamoroso sugli ultimi dieci anni di calcio; i destini della rivalità Messi-Ronaldo, con questi, probabilmente, l’ultima prima partita di Ronaldo in una coppa del mondo.