A Love Supreme è l’album più spirituale e mistico di John Coltrane. Fu partorito – insieme al quartetto con McCoy Tyner, Jimmy Garrison ed Elvin Jones – negli studi di Englewood Cliffs (New Jersey), registrato da Rudy Van Gelder tra il 9 ed il 10 dicembre 1964 ma pubblicato nel gennaio ’65. Ebbe un successo immediato, con 500 mila copie vendute fino al 1970.

Il massimo della spiritualità coltraniana, un Lp che segna la fine della «stagione modale» per aprire ad un periodo più intensamente free (Ascension è del 1965) nascerà a cavallo tra due anni molto intensi da un punto di vista personale e collettivo. Il 29 giugno 1964 era scomparso improvvisamente a Berlino Ovest Eric Dolphy; i suoi genitori regalarono all’amico Coltrane il flauto ed il clarinetto basso del figlio. Il 26 agosto il sassofonista afroamericano era diventato padre per la prima volta con la nascita di John Jr., avuto dalla sua nuova compagna, la pianista Alice McLeod. Ma il 1964 è anche l’anno dei moti razziali nello stato di New York mentre il matrimonio misto tra bianchi e neri è ancora ritenuto illegale in ben 17 stati.

È l’anno del Nobel per la pace a Martin Luther King, dei primi tour di Beatles e Rolling Stones negli States, dell’avvento della musicassetta. Nel ’65 si accentuerà la presenza degli americani in Vietnam, esploderanno marce di protesta, rivolte nei ghetti (in particolare a Watts,Los Angeles) e verrà assassinato Malcolm X. Da dove viene questo «amore supremo»?

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Nasce da un’illuminazione personale, seguita a un periodo di crisi, è una sorta di pellegrinaggio individuale e segna un connubio fortissimo tra esigenze spirituali e musicali: John Coltrane è impegnato e determinato nel creare un «linguaggio sonoro universale» che diffonda un messaggio di pace e di fede in una Terra squassata dalla violenza e dal razzismo. Trane sperimenta, per la prima volta, una forma-suite in quattro movimenti che porta dall’Acknowledgement (ammissione di colpa) alla Resolution (decisione), dalla Pursuance (adempimento) al lirico e incantato Psalm (salmo) in cui il sax tenore di Coltrane trasforma in suono la poesia contenuta all’interno dell’album, utilizzando tecniche tipiche dei predicatori neri.

Di esso il sassofonista volle scegliere tutti i dettagli: la foto di copertina, l’interno con la lirica e una breve presentazione del progetto, il sobrio e quasi monacale bianco e nero imposto all’etichetta Impulse che usava colori accesi. La musica, nella sua policromia e varietà di stati d’animo, utilizza per le quattro parti altrettanti centri tonali (fa, mib, sib, do) e al semplice impianto corrispondono sviluppi solistici complessi.

Eppure, come ha felicemente scritto Marcello Piras, «Coltrane suona ogni nota del disco con una carica affermativa che non lascia repliche: mai un’incertezza, mai una nota men che splendente» (John Coltrane, Stampa Alternativa, Viterbo 1993). Negli anni Branford Marsalis, David S.Ware, Rova Saxophone Quartet e da ultimo Joe Lovano hanno riletto la suite coltraniana che ha compiuto cinquant’anni senza perdere assolutamente la potenza visionaria, la dimensione eccezionale di summa delle ricerche e degli esperimenti del suo creatore.

A novembre è uscito il cofanetto A Love Supreme: The Complete Masters (Impulse; in vinile, cd, MP3). Nel primo disco l’originale album in stereo è arricchito da tracce mono inedite, provenienti dall’archivio personale di Coltrane. Nel secondo ci sono le sedici tracce registrate tra il 9 ed il 10 dicembre, comprese quelle che vedono il sassofono di Archie Shepp e il contrabbasso di Art Davis aggiungersi in Acknowledgment; nel terzo si ascolta una delle poche versioni dal vivo della suite, quella incisa al festival jazz di Antibes il 26 luglio 1965.

https://youtu.be/T1wlfNE748s

È più lunga di circa quindici minuti, con assoli di sassofono più estesi, un inedito solo di batteria e una versione di Psalm in cui il sassofonista non «prosodizza» la sua meditativa lirica ma improvvisa sul centro tonale. In epoca di integralismi terroristici, di rifiuto dei migranti, di apocalissi naturali c’è davvero bisogno di «un amore supremo».