Il mondo ha conosciuto l’apocalisse. Quella sociale, politica, culturale. È accaduto che gran parte degli adulti si siano bloccati. Non sono però morti, hanno solo sospeso le funzioni vitali e cognitive. Sono stati i giovani a prendersi cura di loro, idratandoli, cercando di capire la genesi del «Blocco», garantendo che la materia organica non diventasse poltiglia e muffa. Allo stesso tempo, adolescenti e teen agers devono gestire la pesante eredità di garantire la riproduzione della specie umana. Ne emerge una narrazione distopica a tratti inquietante, ma anche leggera come sa essere solo una tecnoutopia dal sapore dolceamaro.

LE CITTÀ sono collassate, così come l’economia; I giovani però hanno dallo loro parte la capacità di accedere a tecnologie e competenze abbastanza sofisticate. Sono cioè Millennials, cresciuti a pane e savoir faire tecnico-scientifico. Provano quindi a costruire un nuovo mondo, basato su una tecnologia comunicativa pervasiva e di coordinamento delle varie attività produttive e sociali. Possono essere agricoltori, allevatori, ingegneri, ma rigorosamente high-tech. Ci sono anche medici, ostetriche, infermiere, ingegneri. È lo scenario proposto nel romanzo dal titolo, appunto, Millennials, scritto da un autore collettivo (La Buoncostume) e pubblicato per Mondadori (pp. 464, euro 19).
Come ogni mondo nuovo che si rispetti occorrono decisioni su come organizzarlo, come dargli una prospettiva di sviluppo, come fare tesoro degli errori del passato e come mettere insieme comunità, più o meno piccole, che si sono sviluppate nei quattro anni che separano il presente dal Blocco. L’ipotesi che raccoglie più consensi è quella di una federazione di comunità autogovernate che veda la condivisione di poche regole. Il primo nodo da sciogliere è chi ne diventi il garante, il controllore per il rispetto delle regole. La proposta è di costituire un esercito mondiale, che raccolga tuttavia la totalità delle bande militari e paramilitari che si sono nel frattempo formate. Ma accade un imprevisto, una situazione inattesa, anche se in molti sapevano che sarebbe successo, preferendo il silenzio all’informazione pubblica. I «bloccati» si risvegliano, invadono le strade, da materia organica senza senso, manifestano una intelligenza collettiva che chiede il conto alla realtà. Cruento e feroce sarà lo scontro tra millennials e bloccati.

COME IN OGNI ROMANZO che si rispetti ci sono protagonisti e comprimari, figure forti e altre irrilevanti. Ognuno a suo modo è – poco importa se uomo o donna – fascinoso o perturbante. Sono loro le voci narranti di questa epopea del futuro desiderato ma difficile da costruire.
È un affresco di quel trittico storiografico che dal passato si snoda fino al futuro e che tanto interesse suscita su chi riflette sul valore dell’utopia, ma anche delle tecnoutopie. Sbaglierebbe tuttavia chi relegasse il conflitto tra bloccati e millennials a uno scontro generazionale. Sono due modi antitetici di pensare le relazioni sociali, quello dell’intelligenza collettiva, prerogativa dei bloccati, e quello del disincantato e a tratti cinico pragmatismo dei millennials. È il filo rosso che attraversa il romanzo. A volte con brio, a tratti stancamente, eppure riuscendo a creare il giusto climax dove ogni possibilità ed esito siano contemplati. Un libro che non lascia niente al caso, né all’improvvisazione, che aiuta, data anche la vena pedagogica che lo attraversa, a comprendere come funziona la contemporanea macchina del controllo sociale e delle tecnoutopie.