Nella palude di Calabria galleggiano camaleonti e gattopardi. Si nascondevano dietro giunchi e arbusti, pronti a comparire alla prima occasione. Le comunali 2013 segnano il ritorno del “vecchio”, camuffato sotto mentite spoglie.

Nelle cattedrali della ’ndrangheta trionfa la destra. A nulla son valsi i decreti di scioglimento per infiltrazioni mafiose, l’attivismo dei movimenti antimafia, gli scandali in regione. A queste latitudini c’è sempre la solita “larga intesa”, quella che narcotizza, mette a sopire, insabbia. Si cambia tutto per non cambiar niente. Nelle sabbie mobili di Corigliano Calabro, Locri e Isola di Capo Rizzuto la sirena dell’ancient regime ha suonato più forte che altrove. Nella punta dello stivale l’astensionismo si è perfino nascosto (ad Isola si è sfiorato l’80% di votanti). Civismo e democrazia partecipata? Macché. Più probabilmente frotte di clientes che andavano a saldare il proprio pegno.

A Corigliano, nelle stesse ore in cui la violenza maschile carbonizzava un’inerme ragazzina di appena 15 anni, si è consumato il beffardo rituale della destra. Che per mascherare il recente scioglimento per ’ndrangheta del comune si è divisa in più rivoli, per poi colpire unita al secondo turno. Il più votato è stato di gran lunga l’ex parlamentare di An Giuseppe Geraci, che viaggia attorno al 40%, forte di un sostegno non ufficiale di tanti notabili della destra locale, e di un patto segreto di cui si racconta in città tra Giovanni Dima, capoccia della destra jonica, e Peppe Scopelliti, il presidente della regione. Che ha presentato una lista del Pdl e un candidato sindaco talmente deboli da raschiare il fondo (appena il 3%). C’è da scommettere che tutti i frammenti della destra si allineeranno al ballottaggio per riportare nelle stanze del comando i principali responsabili politici dello scioglimento del civico consesso per ’ndrangheta. Il centrosinistra arranca oltre 20 punti sotto; i grillini rispetto alle politiche perdono quasi il 25%.

Chi fa salti di gioia è Giovanni Calabrese, neosindaco di Locri. Ha conquistato la vittoria superando il 70%. Uomo fidato di Scopelliti, chiudendo la campagna elettorale aveva esclamato: «Quando si restituisce la speranza nella legalità al cittadino è difficile che altre forze possano prendere il sopravvento. Non fatevi prendere dalla foga e dal conflitto. Pensate a dare risposte. Pensate ai fatti. W Locri. W Calabrese». Per la serie: quando la realtà supera l’immaginazione.

A Isola di Capo Rizzuto di sicuro non festeggia l’antimafia. In riva allo jonio crotonese Luigi Ciotti è di casa. Nei nove ettari di terreno confiscati alla cosca degli Arena, l’associazione Libera ha trebbiato in questi anni il grano della ’ndrangheta. La terra del malaffare qui è diventata terra di legalità e di libertà. Ad Isola si è imposto al primo turno Gianluca Bruno, giovane ras della destra berlusconiana. Isola è ormai un fortino azzurro (ben il 52%). Nel comune più volte sciolto per infiltrazioni mafiose la destra ritorna da padrona. Niente da fare per la sindaca uscente, Carolina Girasole, ex Pd, che arriva terza, appena sopra il 10%. Paga probabilmente la scelta di candidarsi alle politiche con Scelta Civica. E’ stata travolta dalla debacle  del partito di Monti. Girasole era stata l’artefice dell’arrivo di don Ciotti in Calabria. Avversati entrambi dal blocco di potere clerico-imprenditoriale imperniato sulla figura del parroco del paese, don Edoardo Scordio, padre tutelare della locale sezione della Misericordia, titolare da anni del succulento appalto per la gestione del Centro di detenzione per migranti più grande d’Europa. Talmente potente, la Misericordia di Isola, da affidare la prefazione del book fotografico per i 25 anni della confraternita alla ministra Cancellieri. La stessa che qualche mese fa decise sorprendentemente di non sciogliere la provincia di Crotone nonostante l’accesso dell’Antimafia. Vicepresidente della provincia pitagorica era il neo sindaco Bruno. E il cerchio così può chiudersi.