La stagione di esplosione dell’egemonia renziana mostra oggi le prime difficoltà. Non solo nella distanza tra annunci e realtà: la mancata previsione di uscita dalla crisi pone il governo di fronte ai vincoli imposti dalle regole di austerity europee e costringe a esplicitare le politiche in campo sociale ed economico. Con o senza il sostegno diretto di Forza Italia, si riaffacciano vecchie ricette che vedono nell’erosione dei diritti e nella precarizzazione del lavoro l’illusoria soluzione alla drammatica crisi occupazionale.

Una situazione in cui emerge un ruolo possibile per una sinistra che solo qualche mese fa veniva data per residuale ed esaurita. Il risultato della lista Tsipras non era una vittoria ma un patrimonio prezioso per ripartire.

Se le sconfitte sono sempre orfane i risultati positivi, seppur parziali, sono frutto di tutti e tutte quanti vi hanno contributo. In uno scenario di fortissima polarizzazione un milione e più di persone ha dato fiducia a una proposta unitaria, che proponeva un punto di vista chiaro sull’Europa e sulle politiche che stanno distruggendo diritti e lavoro, che si cimentava con una prospettiva di governo alternativo nella crisi e teneva insieme che teneva insieme sinistra sociale e politica, esperienze locali, intellettualità, forze politiche anche con collocazioni differenti. Senza questa pluralità e ricchezza di esperienze e posizioni quel risultato non ci sarebbe stato e, se si perdesse oggi, l’esperienza di «un’altra Europa» non sarebbe la stessa e non potrebbe avere la stessa credibilità.

Investendo in questa esperienza Sel ha anche scelto di costruire con più chiarezza una propria proposta e una propria collocazione. La costruzione di una sinistra larga, che recuperi una propria autonomia ma non rinunci a incalzare le forze più moderate del centrosinistra. Questa scelta ha comportato dei prezzi ma ci ha riportati a essere parte di un processo più largo e a perseguire una proposta leggibile. Chiede però una pratica coerente. Come è stato nell’opposizione sulle riforme istituzionali.

Costruire un confronto e un’iniziativa comune con quanti nel Pd si sono opposti alle modifiche della Costituzione e oggi si oppongono alle politiche sul lavoro non è in contraddizione con la costruzione di una sinistra larga e plurale. È anzi un lavoro che dovrebbe essere di tutti e non solo di Sel. Allo stesso modo, Sel deve investire nella costruzione di esperienze reali nei territori avendo come primi interlocutori quanti hanno costruito il risultato delle elezioni europee; non ritrarsi da una discussione faticosa e difficile ma aiutarla a trovare una diversa fiducia e una chiarezza di prospettiva.

In questi mesi la lista Tsipras ha faticato a tenere insieme processi partecipativi tra diversi, e a stare alle emergenze dell’attualità. Sarebbe stato strano il contrario. Ma questa difficoltà non può giustificare un disimpegno, anzi.
La costruzione di un nuovo soggetto della sinistra non si può improvvisare né limitarsi al confine di quanti hanno costruito una proposta nelle scorse elezioni europee. Forzare questa esperienza per farla essere altro dalla novità che ha rappresentato è il modo migliore per chiudere questa anomalia.

L’occasione delle elezioni regionali pone obiettivamente delle difficoltà a chi sente la necessità di «essere in campo» ma è anche occasione di un chiarimento utile: un nuovo soggetto della sinistra non può essere frutto della sommatoria elettorale di ceto politico e nemmeno confederazione di esperienze locali. Partiti, individualità, esperienze locali, sono componenti necessarie e non autosufficienti. Proviamo a tenere insieme le nostre differenze anziché esercitarci domani sulle responsabilità di un fallimento che sarebbe di tutti.