Nel giorno del trentesimo compleanno di Mani Pulite, l’ex magistrato prima linea del celebre pool di Milano Piercamillo Davigo è stato rinviato a giudizio per rivelazione di segreto d’ufficio in un’inchiesta che pare il rovescio della medaglia di Tangentopoli.

La vicenda riguarda la divulgazione di verbali con dichiarazioni dell’ex avvocato di Eni Piero Amara sull’esistenza della presunta loggia Ungheria, un’associazione segreta che sarebbe stata in grado di condizionare le nomine di giudici e alti funzionari dello Stato. La decisione, arrivata alla terza udienza preliminare, è stata presa dalla gup del tribunale di Brescia Federica Brugnara, che ha accolto le richieste dei pm e fissato la prima udienza al 20 aprile, davanti alla prima sezione penale.

Iscritto nel registro degli indagati dall’estate scorsa, nell’aprile del 2020 Davigo ha ricevuto dal pm Paolo Storari i verbali segreti con le dichiarazione rese da Amara tra il dicembre del 2019 e il gennaio del 2020. Secondo la procura di Brescia, Storari avrebbe incontrato privatamente Davigo per chiedergli una mano a fronteggiare un boicottaggio interno alla procura di Milano sul caso della loggia Ungheria. Davigo, ora pensionato ma allora consigliere del Csm, avrebbe mostrato questi verbali a diversi interlocutori: membri del Csm tra cui il vicepresidente Ermini, il pg e il presidente della Cassazione Salvi e Curzio, il presidente dell’Antimafia Morra del Movimento 5 Stelle. L’ex magistrato di Tangentopoli, in varie uscite pubbliche, ha sempre cercato di minimizzare questi avvenimenti e davanti al gup ha in più occasioni ribadito di aver agito così soltanto per cercare di «farsi un’opinione». I pm bresciani, pur riconoscendo che Davigo si sia mosso in buona fede, vedono nei suoi comportamenti un dolo generico, dal momento che le informazioni contenute nei verbali di Amara sarebbero dovute rimanere segrete. I documenti, peraltro, sono anche stati sottratti dallo studio di Davigo e inoltrati a diversi giornali e al consigliere del Csm Di Matteo, che ne ha parlato dettagliatamente durante un plenum. Un pasticcio che pare un manifesto ambientale del contesto dei tribunali italiani, dove le notizie coperte da segreto istruttorio tutto sono fuorché riservate.

Lo scorso 4 febbraio, tenendo fede alla sua fama di principe del foro mediatico, Davigo aveva provato a chiedere che alle udienze preliminari venissero ammessi giornalisti e telecamere, ma il giudice ha respinto l’istanza – come da prassi per un’udienza che tecnicamente avviene in camera di consiglio – evitando di trasformare gli interrogatori in uno show. Storari, dal canto suo, ha ottenuto il rito abbreviato e la decisione su di lui arriverà il 7 marzo, con la procura che ha chiesto una condanna al minimo della pena, sei mesi.

In tutto questo intreccio spicca la posizione di Sebastiano Ardita, membro pure lui del Csm, che ha chiesto e ottenuto di costituirsi parte civile contro Davigo (suo ex compagno di corrente) e Storari. Indicato da Amara come iscritto alla loggia Ungheria, Ardita ritiene che la diffusione dei verbali abbiano dato il via a una campagna diffamatoria nei suoi confronti.