Nardjes A. è una giovane algerina, ha 26 anni, vive a Bachdjerrah, banlieau di Algeri, figlia di una famiglia militante, il padre comunista è stato costretto a fuggire dall’Algeria quando lei nemmeno era nata durante il «decennio nero» – gli anni Novanta della guerra civile, un passato recente mai affrontato, la pacificazione del presidente Bouteflika, «l’uomo forte» eletto nel ’99 per fronteggiare il conflitto, viene considerata da molte parti più un’amnesia. I nonni di Nardjes erano nella resistenza contro il colonialismo francese, sono morti combattendo. Adesso è il momento della sua generazione, di quei ragazzi nei quali gli adulti non hanno fiducia, che vogliono invece tornare a decidere il proprio futuro, a pensare un Paese nel quale vale la pena rimanere. Karim Ainouz (Madame Sata, La vita invisibile di Eurdice Gusmao) definisce il suo nuovo film «un lavoro nato dall’urgenza», quella cioè di raccontare l’Algeria, la terra d’origine di suo padre, dove era andato per la preparazione di un altro progetto sulla sua famiglia e la guerra d’indipendenza, scoperta per la prima volta nei giorni dell’Hirak, il movimento di protesta esploso contro la nuova candidatura di Bouteflika alla presidenza, lo scorso febbraio, cheha portato alle sue dimissioni nell’aprile dello stesso anno dopo vent’anni di potere. Ogni venerdì, dopo la preghiera, milioni di persone occupavano le strade, giovani soprattutto, e famiglie, anziani, moltissime donne per chiedere le dimissioni di quel governo corrotto di «banditi» gridando contro o la disoccupazione, la corruzione, per chiedere il voto popolare.

È UN MOVIMENTO che vuole essere pacifico, che non cerca lo scontro anche se la violenza del regime è dura, arresti, violazione dei diritti, pestaggi. Dice Ainouz: «Quando sono arrivato Algeri era elettrizzata, si respirava un’energia potente. La caratteristica più forte di questa protesta era riunire tre generazioni: i ragazzi in piazza erano i nipoti dei combattenti per l’indipendenza dalla Francia. Ma nel mezzo cosa era accaduto? Dove si era sbagliato? L’incontro con Nardjes mi ha permesso di affrontare queste domande». È dunque attraverso le sue riflessioni fuori campo che entriamo nella protesta seguendola – come suggerisce il titolo del film – in 24 ore di mobilitazione: Nardjes A. Un giorno nella vita di una militante algerina (presentato in Panorama Dokumente) non è infatti semplicemente la «cronaca» di una delle manifestazioni del venerdì, ciò che l’esperienza della sua protagonista – e le sue domande – cercano di riempire è una narrazione dell’Algeria interrotta durante l’ultimo ventennio, in cui la voce dei più giovani come lei diviene quella di tutti gli altri.

NELLA PIAZZA ci sono ragazze velate e non, giovani maschi che non rinunciano un po’ al ruolo di «machi» e altri amici e complici, ma vi incontriamo anche donne più anziane – «Finché posso camminare sto qui» dice una – in una ideale trasmissione tra passato e futuro declinata al femminile perché – anche se poi si è messo da parte – nella guerra per l’indipendenza il ruolo delle donne è stato fondamentale.

DAL RITUALE pre-manifestazione – il saluto ai genitori perché non si sa mai cosa può succedere – il taxi tipo uber perché i trasporti sono bloccati, l’appuntamento al caffè teatro che è il punto di riferimento per tutto il loro gruppo tenuto aperto dal proprietario anche se è venerdì, ai gesti di ribellione: truccarsi ad esempio il giorno che si era deciso che tutte le ragazze dovevano «spaventare» i poliziotti senza trucco («Io sono fatta così» ride Nardjes) alle «strategia» per la piazza: mai rimanere da soli, non spostarsi verso obiettivi pericolosi, fare attenzione al ritorno, chiamare tutti quando il corteo si scioglie, tenere sotto controllo quei numeri che non rispondono. E ritrovarsi di nuovo, stare insieme perché dopo tante emozioni non si può tornare a casa: lacrime, risate, gioia, commozione, rimproveri all’amica che è andata verso il palazzo presidenziale, abbracciarsi, correre, sussurrare, il ristorante preferito, e poi danzare fino all’alba. Nel suo racconto della giovinezza Ainouz illumina con precisione un desiderio politico, un sentimento comune: ci dice della storia e del presente in un unico flusso, quello di una vita: non statistiche o numeri m realtà esplorata nel profondo e invenzione possibile di mondi. Il cinema è qui.