In passato si moriva con più facilità sui circuiti di Formula 1. I corpi inermi, dopo urti violenti, e ruote che volavano insieme ai mille pezzi di auto costosissime, facevano parte del circuito-circo dei bolidi. E venti anni fa, il primo maggio del 1994, la cattiva sorte toccò ad Ayrton Senna sul circuito di Imola. Il pilota brasiliano era stato più volte campione del mondo, sembrava padroneggiare la sua auto, ma quel giorno nulla poté fare per controllarla, prima di andare a sbattere contro il muro di una curva, visto che in quei frangenti si spezzò lo sterzo, come accertò una perizia durata anni.

La vigilia di quella gara era stata funestata da segni premonitori, che avevano scosso Senna. Nella prima sessione di qualifica, la Jordan guidata da un giovanissimo pilota brasiliano, Rubens Barrichello, alla variante bassa aveva preso un cordolo, che aveva direzionato la macchina proiettata a 213 Km orari contro la recinzione, poi respinta e rivoltata. Giaceva inerme il corpo di Barrichello con la lingua rivoltata all’indietro e il rischio evidente di soffocamento, se non fosse intervenuto il medico Sid Watkins, presente su tutti i circuiti per gli interventi estremi. Watkins era un neurochirurgo, figlio di minatore che da giovane aiutava il padre nell’officina riparando biciclette, un modo per arrotondare il bilancio di famiglia e pagarsi gli studi di medicina. Grazie a quel medico, Barrichello ebbe salva la vita.

Erano passati appena quattordici minuti dall’inizio delle qualifiche, dopo lo schianto Barrichello fu portato al centro medico, che distava poco più di trenta metri dal luogo del violento impatto. Senna si fece accompagnare dalla safety car sul luogo dell’incidente, scavalcò la recinsione, eludendo la vigilanza, e si infilò nella stanza dove giaceva il suo connazionale, parlò con il medico e poi andò via. Il giorno successivo, sabato 30 aprile, dopo 18 minuti dall’inizio delle prove, si schianta Roland Ratsenberger, giovane pilota di Salisburgo, la velocità di impatto è di 315 chilometri orari, il massaggio cardiaco praticato da Sid Watkins è inutile, Ratsenberger muore sul colpo. Aveva 34 anni. Senna volle vedere quel corpo inerme, poi infilò la mano sotto la nuca di Ratsenberger, come estremo saluto.

Il disagio provocato dall’incidente di Barrichello, cui si univa la morte del pilota austriaco, si trasforma in alta tensione, Ayrton Senna dice che l’indomani non vuole correre. A Frank Williams, il capo squadra, dice di formulare alla direzione corse la richiesta di annullare la gara dell’indomani, richiesta che i padroni della Formula 1 rispediscono immediatamente al mittente, perché lo spettacolo deve continuare. Non si può diventare carne da macello in nome dello spettacolo a tutti i costi, in quelle ore i nervi di Senna sono a fior di pelle. Certo quella mattina aveva fatto registrare il miglior tempo e conquistato la pool, ma chi come lui è sulla cresta della notorietà, ha vinto più mondiali, deve prendere posizione: «Ho ottenuto il miglior tempo, ma non vuol dire che vada tutto bene, questa pista è un disastro… sarà un anno con molti incidenti e avremo fortuna se non accadrà nulla di grave» disse al telefono alla fidanzata Adriane Galisteu. Sul muro posto in fondo alla curva maledetta di Imola si erano già schiantati, senza esiti mortali, Nelson Piquet nel 1987 alla guida della Williams, e due anni dopo Gerhard Berger.

Le voci corrono, il patron della Williams lo convoca per sapere se davvero non ha intenzione di correre, il colloquio è teso, i segnali di morte erano stati forti, ma gli dicono che fino ad allora non ha vinto nessuna gara, Senna è a zero punti, e nei due anni precedenti il campione brasiliano era rimasto a secco, insomma date le circostanze, seppur plausibili, non era proprio il caso di fare il capopolo. A rendere tesa la fine della giornata, la consegna ad Ayrton Senna, da parte del fratello, della registrazione di una telefonata tra Adriane e un ex fidanzato sulle capacità sessuali del pilota brasiliano, operazione orchestrata dal padre di Senna che si opponeva al matrimonio, annunciato su tutti i rotocalchi brasiliani. Senna non ne può più, decide di allontanarsi da Imola, e in elicottero si fa accompagnare a Castel San Pietro, dove trova la quiete nella sua camera preferita, la 200, dell’omonimo hotel.

Giorgio Ferruzzi, in Suite 200 (66tha2nd, euro 15) forte di una lunga amicizia con Ayrton Senna, mescola particolari di fatti accaduti nei giorni precedenti la morte a un’ipotesi di pensieri che affollavano la mente di Senna la notte precedente la sua morte. Prova a immaginare il tentativo del pilota brasiliano di mettere ordine nella sua mente, di trovare concentrazione e riposo, ma la notte si presenta insonne e fitta di pensieri che lo schiacciano. Ferruzzi con una scrittura palpitante conduce il lettore nel mondo della Formula 1, affronta il tema del filo labile che corre tra la vita e la morte dei campioni alla guida di bolidi a noi inaccessibili.

Svela capricci e retroscena, che forse avrebbe dovuto approfondire e denunciare con maggiore coraggio, visto che ci vive dentro, i piccoli dispetti che i grandi piloti si fanno in gara, che buttano fuori l’avversario alla prima curva, la corsa alla conquista delle donne che si aggirano nell’ambiente, il tentativo di anticipare l’avversario nel passaggio di scuderia, i milioni di dollari destinati ai contratti dei campioni (20 milioni per Senna, l’anno della morte). I dispetti con il rivale Prost nel 1990, quando il pilota francese era alla guida della Ferrari, alla prima curva, nella gara che si svolge in Giappone, lo sperona di proposito ed entrambi andranno fuori pista. Senna dichiarerà qualche anno dopo che si era concentrato già da tempo su quello speronamento, che lo aveva fatto a posta, in risposta a Prost, che aveva dichiarato alla stampa che Senna era omosessuale, visto che ai box si faceva vedere sempre con un suo amico d’infanzia, spedito da suo padre perché trovasse un po’ di quiete. Il rapporto di Ayrton Senna con il padre era stato sempre conflittuale, il capo della famiglia Senna pretendeva di gestire anche i rapporti sentimentali del campione di Formula 1 e si opponeva fermamente al matrimonio con Adrianne, fu proprio lui a orchestrare la registrazione, che appesantì non poco quella vigilia funerea.

Il 1° maggio del 1994 Ayrton Senna si schiantò contro il muro maledetto a 300 chilometri orari.

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