A Michele Rech/Zerocalcare va dato il merito di avere messo in scena i fantasmi e le ossessioni di una non-generazione, dando voce a un dissenso urbano di periferia innestato in serie televisive, guerre stellari e centri sociali. La sua invenzione più originale, però, è di essere riuscito a cogliere il linguaggio di una generazione che i media ufficiali descrivono senza voce con la precisione documentaria del miglior Andrea Pazienza.

Inevitabile quindi che nei confronti del film di Scaringi ci fosse un’attesa estremamente alta (proprio come all’epoca ci fu nei confronti del Paz! di De Maria). Il film, inevitabilmente, decomplessifica l’impalcatura mitopoietica di Zerocalcare, affidandosi a una certa idea di vernacolo romano a fare da collante. Il problema di fondo, ovviamente, non è tanto trascrivere gag e situazioni dai fumetti, quanto di riuscire a trovare un equivalente filmico attraverso il quale smontare o reinventare lo specifico fumettistico.

Inevitabilmente la straordinaria «cinegenicità» delle tavole di carta faticano a trovare un equivalente visivo nelle immagini di Scaringi, affidandosi esclusivamente a qualche gag ben congegnata (la presenza di Panatta) e a una certa malinconia adolescenziale se non altro sincera. Scaringi è come se fosse ostaggio di un rispetto reverenziale della materia, laddove probabilmente gli avrebbe giovato analizzare come Rech smonta le mitologie contemporanee per piegarle a raccontare mondi e situazioni mai contemplate da queste (Rebibbia riletta alla luce di Game of Thrones o Star Wars, per dirne una).

Per questo motivo fra fumetti e film non si crea mai né una tensione né una dialettica; resta il tentativo, affettuoso ma forse un tantino goffo, di omaggiare un autore e un mondo che si avvertono come prossimi senza però riuscire mai a evidenziare le forme e i perché di tale vicinanza.
Un peccato, perché l’universo di Zerocalcare è il luogo dove s’intrecciano politica e romanzo di formazione, mitologia e cultura pop(olare). Così, purtroppo, La profezia dell’armadillo si limita a una descrizione superficiale del mondo di Zerocalcare, mentre sarebbe stato necessario lo sguardo politico di un John Landis.