Nel bel mezzo dei flutti della crisi di governo di mezza estate, il ministro Alberto Bonisoli, ha firmato il primo decreto attuativo della ennesima riforma del Ministero dei Beni Culturali, approvata lo scorso 19 giugno (n. 76, «Regolamento di organizzazione del Ministero per i beni e le attività culturali, degli uffici di diretta collaborazione del Ministro e dell’Organismo indipendente di valutazione della performance»).

UN RIORDINO fortemente avversato, già in fase preliminare, da molti esponenti del mondo della cultura, da alcuni direttori di gallerie e dagli stessi funzionari ministeriali oggetto del provvedimento che, sostanzialmente, è volto ad accorpare alcuni di quei musei resi autonomi dalla precedente riforma del ministro Franceschini. Quali sono dunque i punti più controversi del cosiddetto decreto di Ferragosto?
A livello centrale, il Segretario Generale vede considerevolmente accresciuti i propri poteri, acquisendo il «coordinamento delle politiche dei prestiti all’estero dei beni culturali», il «coordinamento in materia di politiche del turismo con il competente Ministero delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo» e «in materia di comunicazione e informazione istituzionale». La direzione generale Archeologia verrà accorpata con quella Belle Arti e Paesaggio, mentre una nuova direzione generale «Contratti e concessioni» sarà preposta alla centralizzazione di appalti e concessioni per gli uffici centrali e periferici del ministero.

LA NOVITÀ PIÙ ECLATANTE riguarda l’autonomia dei supermusei e, per alcuni di essi, il loro accorpamento. A Milano, la Pinacoteca di Brera si troverà a gestire anche il Cenacolo Vinciano, mentre a Firenze la Galleria dell’Accademia – il quarto museo più visitato d’Italia (dati 2018) – sarà unificata alle Gallerie degli Uffizi, insieme al Museo di San Marco. Il Museo Nazionale Etrusco di Roma perde invece la sua autonomia e il complesso di Villa Giulia diventa di nuovo autonomo ma a capo di una rete dei Musei Nazionali Etruschi. Inoltre il Parco di Miramare di Trieste, i Musei Nazionali delle Marche e i Musei Nazionali dell’Umbria ingloberanno tutti i musei degli ex poli delle rispettive regioni. E questi ultimi accorpamenti ci portano a un altro punto fortemente controverso del provvedimento: l’abolizione dei Poli Museali Regionali in favore della creazione di dieci Direzioni Territoriali delle Reti Museali che avranno il compito di assicurare «sul territorio la fruizione e la valorizzazione dei musei e degli altri istituti e luoghi della cultura». Anche in questo caso tuttavia sono previsti alcuni accorpamenti che provocheranno inevitabili difficoltà gestionali a degli istituti – i poli museali regionali – nati solo da pochi anni: in particolare saranno unificate le direzioni territoriali di Piemonte e Liguria, di Lombardia e Veneto e di Puglia e Basilicata.

SEMPRE per quanto riguarda i musei autonomi – quindi, per intenderci, le Gallerie degli Uffizi o le Gallerie dell’Accademia di Venezia – si prevede la cancellazione del consiglio di amministrazione, mentre resteranno attivi il comitato scientifico e il collegio dei revisori dei conti. In tal modo, dovrà essere il direttore a predisporre il bilancio di previsione che verrà poi sottoposto all’approvazione della Direzione Generale Musei: quindi ciò che prima veniva deliberato direttamente dall’istituto, adesso torna ad essere centralizzato, minando l’autonomia e ingolfando ulteriormente la macchina burocratica.
La «controriforma» del dimissionario ministro Bonisoli ha suscitato malumori e preoccupazione tra gli addetti ai lavori. La direttrice della Galleria dell’Accademia di Firenze si è vista «licenziare» con una mail che la invitava a lasciare il suo ufficio entro il 22 agosto – giorno di entrata in vigore del decreto attuativo – mentre il suo contratto sarebbe scaduto soltanto il 30 novembre prossimo. Il presidente dell’associazione Italia Nostra ha chiesto al ministro di prevedere un periodo di tempo maggiore per l’attuazione delle nuove disposizioni al fine di non arrecare danno grave al patrimonio culturale e all’azione di tutela. Il collettivo di professionisti del settore «Mi riconosci? Sono un professionista dei beni culturali» sottolinea come tra i compiti della Direzione Generale Musei ci sia quello di favorire la nascita di nuove fondazioni museali, passo ulteriore verso la privatizzazione già avviata con la riforma Franceschini. Come non essere d’accordo con Vittorio Emiliani che, su Repubblica del 13 agosto, rimpiangeva il Ministero per i Beni Culturali di Spadolini, di Biasini e Ronchey?