C’è ancora un po’ di tempo a disposizione per andare a vedere la mostra dedicata al Matisse «orientalista», nelle sale delle Scuderie del Quirinale a Roma (fino al 21 giugno).

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Lì si può conoscere meglio l’artista viaggiatore, quel fauve che selvaggiamente (appunto) riempiva gli occhi di colori e immagini in Algeria e in Marocco, gironzolando per paesaggi desertici e dentro la casbah. La presenza di questa rassegna torna utile per spiegare questo strano inizio di rubrica sulla letteratura per l’infanzia: non è un incipit sconclusionato perché Motta Junior propone tra gli scaffali un albo magnifico, destinato ai lettori più piccoli, quelli proprio alle prime armi con l’esperienza del libro stesso. Se fossi Matisse di Patricia MacLachlan, illustrazioni di Hadley Hooper, traduzione di Anna Sarfatti (euro 12) è bello come un’opera d’arte.

È un omaggio raffinato alla madre del pittore (fu lei a istillare in quel figlio vivace il senso del colore, almeno così ha sempre raccontato Matisse) e insieme un certosino puzzle di ricerca visiva e visionaria per entrare in sintonia con il modo di pensare di un artista, erroneamente considerato «semplice». Hadley Hooper dice di aver cercato addirittura di immaginarsi le figure che lui poteva «aver visto crescendo a Bohain-en-Vernandois, piccolo paese di tradizione tessile. Servendomi di Google Maps, ho potuto ricostruire come dovevano apparire la strada in cui abitava e la sua casa d’infanzia».

Da qui all’ossessione, il passo è breve: e, infatti, la disegnatrice ha confessato di aver avuto Matisse in testa come primo pensiero al risveglio e come ultimo prima di addormentarsi. Tutto sommato, non gli è andata male, le poteva capitare di peggio.

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Nella città del nord francese dove tutto è grigio, un bambino di nome Henri soffre guardando quel cielo soffocato dalla finestra della sua camera. La madre però ha un diversivo pronto per lui: tappezza le pareti di colori, dipinge piatti di ceramica dove si alternano i blu e i rossi. Il piccolo Matisse torna a sorridere e la aiuta a decorare le stanze della loro casa. Scorre il mondo in quei piatti e anche sulla tavola dove si mangia scoppia un’eterna primavera, ricreata con composizioni di frutta e vasi per fiori. Anche il paese ha la sua anima «cromatica»: i tessitori stendono ad asciugare le loro stoffe arabescate, Matisse ci si perde dentro. Non ne uscirà mai più, in effetti, aggiungendo a quelle composizioni iridescenti molti uccelli (gli stessi che allevava sui balconi e che regalò, prima di morire a 84 anni, a Pablo Picasso) e un tocco da sognatore per abitare altri mondi, celesti e terrestri. È così che si farà «grande pittore», crescendo sotto uno stimolo costante, circondato dal movimento imprevisto dei colori e della luce.