Altro che grandi novità, altro che sindaci importanti e leader di partito non parlamentari recuperati al collegio dei grandi elettori. La partita dei 58 delegati regionali che dal 24 gennaio arriveranno a Roma per partecipare all’elezione del prossimo presidente della Repubblica si apre in linea con la prassi più ordinaria. Le regioni cominciano a scegliere i fortunati che entreranno – scaglionati – nel collegio elettorale del capo dello stato e lo fanno come sempre scegliendo al loro interno. E come sempre scelgono due delegati di maggioranza, il presidente della giunta e il presidente del consiglio, e un delegato di minoranza, il capogruppo del partito con più rappresentanti. Qualche eccezione c’è, ma non è una delle sorprese più attese tipo Silvio Berlusconi indicato come delegato dalla Lombardia. Anche se la notizia arriva proprio dalla Lombardia e riguarda in qualche modo Berlusconi.

L’unico vero imprevisto è infatti la mancata elezione del capogruppo del Pd nel consiglio regionale lombardo, Fabio Pizzul, che nello scrutinio segreto ha raccolto meno voti del consigliere 5 Stelle Dario Violi. Il quale ha guadagnato, nel segreto dell’urna, i consensi di una parte del centrodestra al governo in regione, che si è spaccato al punto che i suoi due delegati – ca va sans dire il presidente della Regione Fontana e il presidente del Consiglio Fermi – finiscono distanziati da sedici preferenze. Il Pd, deluso, ha denunciato che «il delegato delle opposizioni per l’elezione del prossimo presidente della Repubblica è stato scelto dal centrodestra. L’interferenza della maggioranza nelle dinamiche dell’opposizione è un fatto grave». Lasciando intendere che Forza Italia abbia preferito mandare a Roma un 5 Stelle dal profilo moderato e istituzionale, togliendo così qualche voto al secondo delegato leghista che è un ex berlusconiano da poco transitato a Salvini, anche per puntellare il sogno di Berlusconi di raccogliere un po’ ovunque quei voti che potrebbero regalargli la presidenza della Repubblica. L’interessato, Violi, naturalmente allontana l’idea che lui possa mai votare per Berlusconi, racconta però di aver sentito Giuseppe Conte «felice che dalla Lombardia sia uscito un nome 5 Stelle». La sorpresa del Pirellone, in effetti, racconta dei problemi che hanno Pd e 5 Stelle a tenere assieme la loro alleanza (Conte e Letta si vedono e si rivedono, ma a Milano i gruppi regionali non si sono neanche parlati per questo voto) quanto e più che delle faide nel centrodestra.

Ieri sera, in ogni caso, più della metà dei delegati regionali sono stati scelti (30 su 58). Il bilancio, dopo che si sono espresse dieci regioni (nove ieri e una addirittura il 27 dicembre, prima della lettera di convocazione di Fico, ma in Abruzzo temevano già l’arrivo di Omicron) parla di nove delegati del Pd, 8 della Lega, 4 a testa per Forza Italia e Fratelli d’Italia, 3 al M5S, uno per Cambiamo e uno per l’Udc. Confermata nella peggiore tradizione anche la disuguaglianza di genere: su trenta delegati, appena tre sono donne (elette in Campania, Umbria e Abruzzo).

Se l’unica vera sorpresa è arrivata dalla Lombardia, anche quello che è accaduto nel Lazio dove il presidente Zingaretti ha raccolto meno voti del presidente del Consiglio regionale Vincenzi (entrambi del Pd ed entrambi eletti) e Forza Italia non ha votato il candidato di Fratelli d’Italia, sfiorando lo scippo, testimonia di forti turbolenze nelle coalizioni in vista dei voti veramente importanti per il presidente della Repubblica. Anche nei Consigli regionali, così come nel collegio dei grandi elettori, gli accordi devono reggere alla prova del voto segreto. Un secondo sgambetto tra Pd e 5 Stelle c’è stato in Liguria, dove il M5S non ha votato il delegato del Pd (eletto). Allora non è detto che in Sicilia, dove il Pd si è impegnato a votare per presidente del gruppo 5 Stelle, il patto regga. Nell’isola si vota oggi, così come nelle Marche e in Sardegna. Domani in Friuli, Puglia, Calabria e Valle d’Aosta (un solo delegato), il 17 in Trentino e il 18 si finisce con Toscana ed Emilia Romagna.