C’è un’Italia che macina profitti ed extraprofitti ed un’Italia che arranca e incontra serie difficoltà. Il mondo della finanza e degli affari è in gran fermento tra fusioni miliardarie, acquisizioni e investimenti. Il mondo del lavoro e il campo largo della precarietà, invece, sono in sofferenza per il potere d’acquisto falcidiato dall’inflazione. Alcune dinamiche economiche, a volte trascurate o sapientemente sottaciute, ci aiutano a comprendere il nesso tra concentrazione della ricchezza e disuguaglianze crescenti.

Pensiamo ai processi di trasformazione urbana. Diversi fondi immobiliari stanno investendo imponenti risorse nelle città d’arte e mete di turismo. Comprano edifici di particolare valore storico e architettonico da ristrutturare e trasformare in alberghi di gran lusso. Di recente Bill Gates, tramite un fondo di cui è il maggior azionista ha acquistato due palazzi nel centro di Roma – tra cui palazzo Marino, un edificio del XVII sec. – per realizzare un hotel della catena Four Seasons, di proprietà dello stesso fondatore di Microsoft. Altre catene alberghiere (Mandarin, Marriot, Rosewood) sono pronte a sbarcare a Roma e in altre città. Significa che il turismo di alta gamma, per clienti molto ricchi, tira molto e attrae protagonisti della finanza internazionale.
Ma anche il turismo low cost va a gonfie vele. Proprietari di seconde e terze case trovano conveniente affidare i loro immobili a piattaforme digitali (Airbnb, Booking e altre) specializzate in affitti brevi, per una clientela che non vuole spendere tanti soldi.

Ora, questo modello di turismo, sia d’élite che di massa, cambia il volto delle nostre città, modifica il paesaggio urbano, allarga la distanza tra Ztl e periferie, crea disagio sociale e spezza vincoli di comunità. Operazioni di carattere speculativo, impropriamente definite «programmi di recupero», favoriscono i processi di gentrification: riqualificazione di zone centrali e conseguente spopolamento dei residenti a basso reddito. La rendita finanziaria e immobiliare vive un momento magico, ma il costo sociale che si paga è molto alto.

Nei centri urbani il mercato dell’affitto di lunga durata è praticamente scomparso. Il mutuo casa piuttosto che l’affitto di un alloggio di periferia assorbe in media il 30 per cento del reddito monetario di una famiglia e per i redditi bassi la quota sale al 40/50 per cento. Un’espansione edilizia senza limiti e senza regole crea forti squilibri nelle funzioni urbane, aggravando il pendolarismo e il traffico.

La cosa più grave e sconcertante è che, a fronte di un incremento vertiginoso della rendita urbana e della girandola di affari miliardari sul territorio, nelle casse dello Stato e dei Comuni entri poco e niente. Una destra ottusa e reazionaria, che si erge a paladina dei grandi patrimoni, si batte perché le tasse siano pagate su valori catastali del secolo scorso, fa muro contro l’introduzione di un’imposta sul capital gain immobiliare, strizza l’occhio agli evasori. In conclusione, il connubio finanza-mattone non va d’accordo con il benessere collettivo.

Ancora, e restando in argomento, alcuni fondi d’investimento fanno shopping di farmacie italiane (19 mila in tutto), un settore molto redditizio con un giro d’affari di 24 miliardi nel 2020. Circa il 10 per cento delle nostre farmacie è già in mano a gruppi esteri. Fondi e grandi catene stanno conquistando, con proposte finanziarie generose e allettanti, l’attività di una categoria che finora nessuna legge sulla concorrenza era riuscita a scalfire. La sirena dei soldi ha indotto alla capitolazione una gilda considerata intoccabile, difesa a oltranza da una destra chiusa e corporativa.
Ma chi chiederà scusa a migliaia di giovani farmacisti, titolari di parafarmacie, sacrificati oltre ogni misura da scelte illiberali, costretti a vendere solo farmaci di fascia C (quelli a totale carico dei cittadini), e a cui, perfino in piena pandemia, è stato impedito di eseguire tamponi?

Le mani degli investitori privati, italiani e stranieri, si allungano pure sulla sanità, sulle multiutility e su altri settori «protetti» che promettono facili guadagni. Il quadro che emerge è di un sistema di potere e di gruppi d’interesse che si riorganizzano intorno al capitalismo finanziario e cercano una sponda politica a destra. Sono tanti e validi, dunque, i motivi per cui diventa prioritario, con il voto, sbarrare la strada alla vittoria della destra italiana. Con un governo Meloni-Salvini-Berlusconi il territorio e l’ambiente subirebbero danni irreparabili, il lavoro sarebbe ancor più dequalificato e svilito, i servizi pubblici sarebbero definitivamente privatizzati

P.S. Dopo le dure proteste di luglio contro la legge sulla concorrenza, Loreno Bittarelli, il capo della più grande cooperativa di tassisti romani (circa 4 mila), noto per il suo orientamento di destra, ha siglato un accordo con la tanto odiata multinazionale. La potenza finanziaria di Uber ha piegato l’intransigenza di radio taxi 3570. Il processo di «proletarizzazione» della categoria, come si diceva una volta, è appena iniziato.