Risorge verso gli antichi fasti il Maggio musicale fiorentino, che va assestando con la sovrintendenza di Cristiano Chiarot le sue stagioni su un livello di eccellenza e insieme di «sorpresa», in grado di suscitare nuove curiosità da parte del pubblico. Ne sono testimonianza le due realizzazioni che hanno appena terminato le proprie repliche. Da una parte, sul palcoscenico del grande teatro alle Cascine, è cominciata la classica trilogia italiana di Mozart, con una caratteristica però: tutti e tre i titoli, giocati sui tre anni, sono stati affidati a una regia femminile. Che non è affatto ininfluente, come hanno dimostrato Le nozze di Figaro affidate alla cura di Sonia Bergamasco (con le belle scene di Marco Rossi, i costumi di Gianluca Sbicca e le luci di Cesare Accetta). L’attrice, che per altro vanta un diploma al Conservatorio, ha realizzato un’opera di semplicità lineare, con una scena che progressivamente si allarga verso il fondo, così come il colore dominante, che dal verde di un tavolo da biliardo, si cristallizza alla fine nel verde boschetto di beffe e agnizioni finali.

MA IL BINARIO vero su cui la regia ha puntato è ovviamente la «recitazione» dei cantanti, mai stucchevole o assente (le due tipologie solitamente dominanti sui palcoscenici d’opera), ma volta proprio a mostrare quanto quel capolavoro mozartiano sia fatto di carne e di pensiero, oltre che di felicità musicale. Il testo di Lorenzo da Ponte scopre tutta la crudeltà (quasi il cinismo) dell’abate librettista, le cui parole sulle ali di Mozart sembrano divertire, ma in realtà turbano, oggi come allora, e forse anche di più, tra comportamenti sociali, buoni sentimenti e arroganza dei potenti. Ci si diverte insomma, ma temi e sentimenti letteralmente pungono la sensibilità dello spettatore(che sia farfallone amoroso o ne sia vittima), preso nella ragnatela seducente di come l’opera scorra giocosa, grazie ad un’altra presenza femminile importante, Kristiina Poska che dirige con sicurezza l’orchestra senza negarci il piacere malizioso del racconto. Di diverso segno, e di non minore fascino, è il ritorno del Maggio nei giardini di Boboli, luogo «sacro» alla memoria di Visconti prima e poi di Ronconi.

Intermedi della Pellegrina, foto di Michele Monasta

NEL VERDE dei giardini di palazzo Pitti, sono stati eseguiti, in modalità itinerante, gli Intermedi della Pellegrina, ovvero gli intermezzi cinquecenteschi della Camerata fiorentina, composti da coloro che sono poi gli «inventori» dell’opera musicale come Jacopo Peri, Ottavio Rinuccini, Luca Marenzio e i loro sodali. Sono brani (in occasione della rappresentazione celebrativa per le nozze del granduca Ferdinando de’ Medici ) che raramente si ha modo di ascoltare, qui riproposti da Valentino Villa (con l’assistenza e le coreografie di Marco Angelilli)mentre la parte musicale è affidata a Federico Maria Sardelli che dirige l’orchestra Modo Antiquo ( oltre a sei solisti, due cori e perfino i Bandierai degli Uffizi).

LA MALIZIA della rilettura contemporanea da parte della regia, smussa il tono trionfalistico della rappresentazione, e tra un sorriso e un’emozione è un vero piacere ascoltare quelle musiche e quelle voci nel loro spazio naturale, i giardini reali della corte fiorentina. Attenzione, stupore e fantasia ne hanno fatto una serata particolare per gli spettatori: da una parte evocativi dall’altra divertenti, hanno segnato per molti la riscoperta di un patrimonio culturale del tutto sconosciuto ai più.