Stanotte, in concomitanza con il solstizio d’inverno, ricorre Yalda: la notte più lunga e buia dell’anno. Quest’anno, con il calare del sole gli iraniani non passeranno però il tempo a mangiare, bere e leggere poesie, ma a commemorare i ragazzi uccisi da un regime brutale. Le pagine scritte in questi tre mesi sono infatti le più buie nella storia dell’Iran contemporaneo.

IERI SERA l’emittente Bbc Persian ha riferito di un giovane tassista morto in custodia. Sul suo corpo, riesumato dalla famiglia, sono evidenti i segni della tortura. Si chiamava Hamed Salahshoor, aveva 23 anni ed era stato arrestato il 26 novembre. Quattro giorni dopo le forze di sicurezza hanno detto a suo padre che era morto e gli hanno fatto dichiarare che aveva avuto un infarto.

Ma, ha affermato la famiglia, «la sua faccia era fracassata. Il naso, la mascella e il mento erano rotti. Il busto dal collo all’ombelico e sopra i suoi reni era stato ricucito». Era stato fermato vicino a Izeh, nella provincia del Khuzestan (sud-ovest) abitata da quel due percento di iraniani di etnia araba. Un’area ricca di petrolio, afflitta da siccità e da altre problematiche ambientali.

Mentre il regime uccide la sua gioventù, ieri per il secondo giorno successivo molti registi e cineasti iraniani si sono ritrovati fuori dal famigerato carcere di Evin a Teheran per protestare contro l’arresto della nota attrice Taraneh Alidoosti, nota anche al pubblico occidentale per il ruolo di protagonista nel lungometraggio Il cliente di Asghar Farhadi.

ERA STATA ARRESTATA sabato per avere pubblicato su Instagram dei commenti a sostegno delle proteste, a chiederne la liberazione è stato anche il Festival di Cannes. Di pari passo, Bbc Persian rende noto di proteste nel braccio della morte, dove le confessioni vengono estorte con le torture.

Ad aiutare la magistratura iraniana a comminare la pena capitale è la possibilità di accedere agli account social dei detenuti, come racconta la Cnn che ha raccolto la testimonianza di una ragazza a cui, durante gli interrogatori nel carcere di Evin, sono state presentate come prove le sue chat con amici.

Ieri le autorità di Teheran hanno reso noto che quattro membri delle forze di sicurezza sono state vittime di un attentato nella provincia del Sistan e Balucistan (sud-est), al confine con il Pakistan. Qui le manifestazioni erano scoppiate a fine settembre, quando si era venuto a sapere dello stupro di una quindicenne da parte del comandante della polizia.

Probabilmente la morte dei quattro membri delle forze dell’ordine non è da imputare ai dimostranti, perché questa è una regione povera, segnata dal contrabbando, dove le proteste antigovernative si intrecciano ad altre problematiche. La popolazione locale è minoranza al tempo stesso etnica e religiosa: i baluci sono sunniti.

All’inizio di dicembre un loro leader religioso – Abdulwahed Rigi – era stato rapito nella sua moschea nella località di Khash e la settimana scorsa il capo procuratore ha dichiarato che gli assassini erano stati arrestati mentre cercavano di varcare il confine.

MENTRE SALE la tensione, il Belgio invita i suoi cittadini a lasciare l’Iran, anche perché un operatore umanitario belga è stato recentemente condannato a 28 anni di carcere in seguito al mancato scambio con un diplomatico iraniano condannato per terrorismo da un tribunale di Anversa.

Viene spontaneo domandarsi se gli italiani in Iran possano correre dei rischi. A questo proposito, in occasione di una conferenza stampa alla Farnesina, il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani ha dichiarato che «qualora possano esserci dei rischi concreti per i nostri connazionali certamente li avviseremo, ma per adesso non abbiamo notizia di tali rischi».

In merito al fatto di convocare l’ambasciatore iraniano a Roma, il ministro ha affermato di volerlo convocare, ma che ci sarebbe stato un ritardo della consegna delle credenziali «dovuto al fatto che il presidente della Repubblica ha avuto il Covid, quindi è solo un ritardo tecnico».

«LO CONVOCHERÒ – ha detto Tajani – Voglio dare un segnale più forte, ma è già chiaro quello che pensiamo, abbiamo dato ampia dimostrazione di condanna per ciò che accade. Siamo contro la pena di morte».