La figura dell’imperatore Hirohito, a quasi trent’anni dalla sua morte, continua a rimanere controversa ed a infiammare molti dei discorsi fatti intorno al concetto di nazione nipponica. A rinfocolare e riportare l’attenzione sulla lunga vita di Hirohito anche a guerra finita, è stata la rivelazione qualche settimana fa di alcune pagine del diario di un ciambellano di corte molto vicino al sovrano. Secondo questi, infatti, nell’ultima parte della sua vita Hirohito sarebbe stato tormentato dalle proprie responsibilità per la Guerra sino-giapponese e per la Seconda Guerra mondiale.
Considerato come figura semi-divina ancora prima e durante la Guerra del Pacifico, il discorso alla radio che annunciò la resa il quindici agosto 1945, rappresentò per molti la distruzione di un simbolo e dell’idea della nazione giapponese stessa.

Anche se molte sono state le opere che sia al cinema che sul piccolo schermo hanno trattato, esplorato e provato a contestualizzare la figura di Hirohito, è assai difficile per un contemporaneo riuscire ad entrare nella mente e carpire i sentimenti che parte del popolo dell’arcipelago provava verso la figura imperiale solo poco più di cinquant’anni fa.

Nell’ultimo mese è tornato in circolazione in Giappone uno dei più interessanti lavori intorno alla figura imperiale, What Do You Think About the War Responsability of Emperor Hirohito? Realizzato nel 1996 da Yutaka Tsuchiya, regista conosciuto in Occidente per il documentario The New God e più recentemente per GFP Bunny, questa video opera rende espliciti i suoi intenti fin dal titolo. Usando l’estetica della video arte ed ibridandola con un’ idea di non-fiction piuttosto classica, il lavoro è composto principalmente da interviste fatte dallo stesso regista e da una sua collaboratrice durante l’estate del 1996, in occasione del cinquantunesimo anniversario della fine della Seconda Guerra Mondiale, nelle vicinanze del santuario Yasukuni. Luogo costantemente al centro di infinite polemiche, il santuario è dedicato alle anime di coloro che sono morti per l’imperatore durante la Guerra del Pacifico, compresi famosi criminali di guerra. Le persone intervistate sono tutte legate al periodo imperialista nipponico per età ma anche perché in un modo o nell’altro hanno tutte vissuto e subito le tragedie dell’epoca bellica. Pur nella brevità, poco meno di un ora, e nella semplicità dell’idea, le parole degli intervistati formano uno dei quadri più chiari, ma non perdendo nulla in complessità, della forma mentis che animava molta parte del popolo giapponese dell’epoca.

Alcuni degli intervistati alla domanda del titolo rispondono in maniera diretta che essendo un simbolo, l’imperatore non ha alcune responsabilità per i massacri perpetrati e subiti nella prima metà del secolo scorso. Molto interessante è la posizione di alcuni veterani che ricordano come l’ossessione per la figura dell’imperatore e per la nazione giapponese fosse stata inculcata loro attraverso il martellamento di un indottrinamento perpetrato negli anni, «non fui forzato ad andare in guerra, ma l’ideologia che ogni uomo doveva lavorare per lo stato era quella prevalente». A schiarire queste nebbie imperialiste e nazionaliste ci pensa un’anziana donna che rivela il suo choc quando scopre che Hirohito aveva definito le tragedie di Hiroshima e Nagasaki come qualcosa che non poteva essere evitato. Solo venti anni sono passati dalla realizzazione di questo lavoro di Tsuchiya, ma visto il vento destrorso che soffia oggi sull’arcipelago e la naturale scomparsa di testimonianze dirette dell’epoca, sembrano davvero secoli fa.

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