Dal campo alla tv, la spagna segna i destini del pallone italiano. Oltre il 3-0 del Real alla Juve o il 4-1 del Barça alla Roma, quest’anno le spagnole hanno incontrato 6 volte le italiane: 4 vittorie, 2 pareggi, 12 gol fatti e 1 subito. È una questione di sistema. I club spagnoli prendono dalle tv circa 1,3 miliardi l’anno, un aumento del 12% rispetto al triennio precedente che aiuta le piccole squadre, contribuendo a rafforzare l’intera struttura. Due mesi fa la società di produzione spagnola Mediapro, che gestisce i diritti della Liga, ha vinto il bando per la Serie A: 1,05 miliardi per il prossimo triennio. Da allora si è scatenata una guerra commerciale che ha visto un’inedita quanto improvvisa alleanza tra gli ex duopolisti Sky e Mediaset per giocare al ribasso, costringendo gli spagnoli a una rovinosa fuga. Qui è necessario un passo indietro. Nel calcio di élite gli introiti televisivi incidono per circa il 30% sul fatturato dei club, i quali ricavano gli altri due terzi dal matchday (tutto ciò che ruota intorno alla partita) e soprattutto dal commerciale (sponsor, marchio, merchandising, etc.).

In italia no, in attesa che presidenti e amministratori delegati scoprano l’esistenza di questi strani percorsi di espansione nel mondo globale, circa il 60% del fatturato dei club di Serie A proviene dalla tv. Una sproporzione enorme. E se la tv paga metà della Spagna, un quarto dell’Inghilterra, e poi è ridistribuita malissimo, con una sperequazione a favore dei grandi che non ha eguali altrove, il gioco è fatto. In Champions si fanno brutte figure, ai Mondiali ci va la Svezia. Ovvio che una rinascita del pallone italiano deve passare attraverso un lavoro sui vivai, sui centri federali, sul coinvolgimento e non sulla criminalizzazione dei tifosi, su una più equa redistribuzione delle risorse.

Ma intanto bisogna sistemare la questione tv, questo è il periodo in cui i club cominciano a impegnarsi con le banche i futuri introiti. La spagnola Mediapro, che non è certo Robin Hood, ma una società spagnola in affari con Cairo, il presidente Rcs che insieme a Malagò si è preso il pallone italiano sottraendolo al sistema di Galliani e Lotito, ha provato a scombinare il sistema con uno scopo molto chiaro: la creazione di un canale della Lega. Stante lo scontato parere negativo dell’antitrust, ex lege il bando non prevede questa ipotesi, l’eventualità di un canale autoprodotto non è certo irrealizzabile. Anzi. Questo vuole Cairo, per giocare con le sue aziende nella raccolta pubblicitaria del nuovo canale e, in futuro, per la creazione di una Lega privata e indipendente dalla Federcalcio, sul modello inglese. Il progetto suo e di Malagò che ha fatto saltare il banco alle scorse elezioni federali.

Dall’altra parte, l’inedita alleanza dei duopolisti del pallone vuole invece bloccare il progetto. Mantenere lo status quo in un delicato momento storico, in cui si giocano partite ancora più importanti, come le scalate a Tim e Mediaset, che vedono coinvolti i medesimi attori. Nei giorni scorsi Jaume Roures, presidente Mediapro, ha incontrato Sky, Mediaset e Tim. E oggi presenterà loro i pacchetti, cercando di rientrare dell’investimento di 1,05 miliardi. Altrimenti, o fa nascere subito il canale autoprodotto o si deve ritirare con ingenti perdite, leggi penali. Dalla composizione e ricomposizione delle alleanze a livello industriale, e quindi dalle risposte che arriveranno da Tim, Sky e Mediaset, dipenderà il futuro prossimo del calcio italiano.