Il reverendo Al Sharpton ha chiesto la convocazione di un incontro straordinario di tutti i leader dei diritti civili degli afro americani, da tenersi in Louisiana, a Baton Rouge. Una richiesta fatta durante la conferenza di Cincinnati del Naacp (National Association for the Advancement of Colored People, la più importante e politica delle associazioni che si occupano dell’avanzamento sociale degli afro americani). Per comprenderne la portata, dobbiamo inquadrare Al Sharpton, personaggio controverso (è stato definito il Nixon dei diritti civili, in quanto pronto a tutto per questa causa), ma politicamente imprescindibile; è ora consigliere di Obama, che nel 2008, durante le primarie aveva avuto un lungo incontro col reverendo da Sylvie, ristorante di Harlem dove si sono recati tanto Bernie Sanders che Hillary Clinton, per avere dei «consigli» da Sharpton.

Bisogna anche tener conto che la Naacp non è Black Lives Matter, ma parliamo di poteri forti che negli ultimi 8 anni si sono confrontati con un presidente ideale e ora sono preoccupati per l’esito delle nuove elezioni. Trump, per dire, si è rifiutato di tenere un discorso da loro, Hillary, invece, c’è stata, ha parlato e ha convinto tutti di essere assolutamente sulla stessa onda. Una convocazione di tutti i leader, fatta alla NAACP ha quindi un preciso peso, sia politico che istituzionale.

La NAACP porta con sè anche un potere economico, giuridico, non trascurabile, non viene dispersa con gli idranti, non riempie le strade ma le sale congressi. La scelta di Baton Rouge è come dire l’epicentro del problema, dove un afro-americano è stato recentemente ucciso ma dove anche tre poliziotti lo sono stati, sempre di recente, e il capo della polizia non è un ultra democratico nero, come a Dallas. Baton Rouge è il modello della polveriera americana, dove poliziotti e cittadini si sparano a vicenda per ragioni razziali e dove pace e giustizia non possono essere implementate dal movimento, in quanto servono leggi, servono istituzioni e provvedimenti legali.

«Se il movimento è forte, il potere è sano», spiega il reverendo Sekou, una delle personalità riconosciute della comunità afro americana. Il movimento BLM ha dimostrato la propria forza, ora è evidentemente il momento di risanare il potere. Certo alcuni passi son stati fatti, ma non a livello federale.

A New York il sindaco De Blasio due giorni fa ha dichiarato illegale per i poliziotti non voler essere filmati, riconoscendo che questa è spesso la sola arma dei neri per difendersi dagli abusi della polizia. De Blasio, padre di due ragazzi neri, parlando del suo secondogenito, adolescente, maschio e afroamericano, Dante, ha detto che «Dante ha rispetto per le istituzioni, ma ha paura della polizia». È evidente che questo deve cambiare: «Gli afro-americani non chiamano la polizia in caso di pericolo – dice Marie, assistente sociale in un centro per le vittime di violenza domestica – perché potrebbe causare problemi ancora più grandi. Chi non è nero non può capire».

Anche tra la polizia ora serpeggia una linea di paranoia, dopo gli avvenimenti di Dallas e Baton Rouge. Basta un panino con un pezzo di vetro, servito per errore a un agente di Cleveland, per far gridare al’attentato.

Quel che è certo è che il reciproco timore tra polizia e cittadini non può che produrre frutti amari.