I 50 anni dello Stonewall Inn, l’iconico bar newyorchese da dove è partito il concetto stesso del Pride, vengono festeggiati con un’edizione del World pride, e a New York si aspettano più di 3 milioni di persone provenienti da tutto il mondo per ripetere ancora una volta che le lotte non sono finite, e che love is love, l’amore è amore.

 

Dove tutto è cominciato

 

Tutto il mese di giugno è stato dedicato al Pride e le celebrazioni tradizionalmente sono culminate l’ultimo fine settimana del mese con due giorni ancora più ricchi di eventi. La parata della domenica, dove sfilano tutti, dai politici ai servizi segreti, alla polizia che 50 anni fa aveva fatto irruzione allo Stonewall per sgomberarlo, con il risultato che cinque decadi dopo è parte del corteo. Un corteo che quest anno è previsto che durarà 12 ore.

Quello di oggi, per altro, non è l’unica parata di questo Pride, venerdì ne è partita una dallo Stonewall che ha percorso Christopher street, la strada gay per antonomasia e in contemporanea nell’East village si svolgeva la Drag Queen parade, tradizionalmente la frangia più di sinistra del Pride, messa al bando 25 anni fa dall’organizzazione conservatrice per timore che le «regine» scandalizzassero gli sponsor.

Le due parate si sono incontrare a Washington square park, piazza eretica per eccellenza, dove l’arco che giganteggia è stato colorato dalle luci arcobaleno, così come l’Empire, e la Freedom tower. Sabato a sfilare è stato l’Harlem Pride, e da lì il messaggio di come stia evolvendo il movimento Lgbtq (e a dire il vero tutti i movimenti), è apparso chiaro. Così come il Pride di Houston ha visto la presenza di lunghi striscioni che chiedevano l’abolizione dell’Ice, la polizia che si occupa dei confini e degli immigrati, braccio armato di Trump, e la fine della Nra, la lobby delle armi, temi che si intrecciano anche anche a New York oggi. «Il nemico è uno e comune – dice infatti James, 35enne attivista Lgbtq afroamericano – ed è il capitalismo. Se sei gay, transgender, donna, immigrato, povero, sei vittima di questo sistema che per sopravvivere ha bisogno delle nostre risorse. Non è più tempo delle single issue, di combattere per un unico problema, perché sono interconnessi. Il capitalismo è omofobo, razzista, patriarcale». Se nel passato i rapporti tra il movimento per i diritti civili degli afroamericani e quelli Lgbtq sono stati tesi, ora la storia è diversa e ad Harlem si sfila anche per rimarcarlo.«Io sono nero e sono gay – continua James – Non posso decidere per cosa lottare scegliendo una o l’altra discriminazione, e non è che sia l’unico nero ad essere gay».

Molti cartelli parlano di Mike Pence, il vice presidente in carica, noto per le proprie posizioni omofobe sin da quando era governatore dell’Indiana, Stato da cui proviene anche Pete Buttigieg, primo candidato alla Casa Bianca sposato con un uomo. «50 anni fa venivano caricati dalla polizia – commenta Sam, volontaria della Dyke March, il corteo lesbico – ora non è un problema correre per la presidenza, ed a Chicago hanno appena eletto una sindaca nera e lesbica, Lori Lightfoot. Non è che sia tutto a posto, Trump vuole cacciare i transgender dall’esercito e aveva chiesto alle ambasciate Usa di non esporre la bandiera arcobaleno, ma sai cosa? Nemmeno l’esercito è con lui, e le ambasciate non l’hanno ascoltato».

La conferenza stampa che precede la grande parata di domenica si tiene nell’atrio dell’Empire State Building, il governatore Cuomo e il sindaco De Blasio partecipano alla sfilata di questo World pride dove canterà Madonna, e nessuno vuole mancare: da Whoopy Goldberg a Cindy Lauper, d a Chaka Khan a Grace Jones. La sede dove si tiene la conferenza stampa simboleggia anche geograficamente la strada fatta dal movimento Lgbtq che in questi giorni ha gioiosamente invaso la città. «Sono eterosessuale, ho portato i miei bambini al Pride perché questa è una festa di tutti – dice Dan scuotendo due lunghi orecchini di strass – e anche per far vedere che non c’è niente di male a vestirsi come si ha voglia se è divertente, e che loro possono essere qualsiasi cosa si sentano». Come Dan molti altri uomini e donne eterosessuali in questi giorni sono vestiti di arcobaleno. «Anche 50 anni fa gli abitanti del quartiere erano scesi per difendere i gay – dice James – ed è perché le discriminazioni in realtà sono indotte, mentre in natura love is love».