Musicista, scrittore e artista multimediale savonese, da decenni Federico De Caroli, in arte Deca, è un ponte tra la musica «colta» e quella underground più d’avanguardia, Se i primi riferimenti del musicista sono Jean-Michel Jarre e il rock cosmico tedesco, con Claustrophobia (’89) comincia il suo viaggio nelle atmosfere dark-industrial, un viaggio non schematico, ma che trova via via sempre nuove prospettive. L’estrema sensibilità  di Deca verso la dimensione del sogno lo ha portato a sviluppare insieme ad altri artisti il movimento del Distonirismo, che postula la parità ontologica e cognitiva tra stato di sonno e stato di veglia, con il primo che costituisce la possibilità di una percezione libera dagli schemi logici e spazio-temporali della veglia. Come un moderno Lovecraft, Deca trae ispirazione dai suoi sogni per scrivere, e dai suoi libri (ma non solo) prendono forma le sue incredibili e paradossali creazioni musicali, come l’abissale anti-musica di Phantom (’98) o l’ambient «impossibile» di Simbionte (2002), la sua opera più celebrata, non solo tra i confini nazionali.
Ma gli orizzonti musicali dell’artista sono illimitati quanto imprevedibili. Reduce dal successo di Isole Invisibili, un album per solo piano à la Wim Mertens, torna adesso con un’opera che può apparire ostica, ma che grazie una certosina abilità di cura del suono, si rivela, oltre che stupefacente, intrigante: Lucifero Alchemico (Atom Institute).

SI TRATTA DI 4 MINI-SUITE della durata di 11 minuti ciascuna, mosaici elettroacustici il cui minimalismo non frena la tensione emotiva dei brani, che rappresentano le 4 fasi della via iniziatica, Frenetici movimenti di un piano solitario arricchiscono l’opera di sonnambulismo e di mistero, mentre passaggi estatici completano la resa percettiva di un album che sonda, ancora più in profondità dei precedenti, le dimensioni dell’ignoto celato nel cuore umano.