Cinque piani di scale possono convincere un’anziana coppia che vive felicemente in una bella casa a Brooklyn da quaranta anni a traslocare altrove. Ma appena presa la decisione, quella coppia sarà veramente in grado di liberarsi di un luogo che richiama continuamente a bei ricordi? Per loro sarà possibile intraprendere una vita nuova col timore di perdere d’un colpo quella vecchia? I protagonisti di Ruth e Alex. L’amore cerca casa (titolo originale 5 Flights Up, ossia i suddetti cinque piani di scale) diretto da Richard Loncraine e interpretato da Morgan Freeman e Diane Keaton, sono per l’appunto alle prese con questo dilemma esistenziale.

Alex è un pittore afroamericano, un po’ burbero, un po’ votato al pessimismo, ma con gli slanci al momento giusto per condurre una sana vita di coppia; Ruth è una ex insegnante, ansiosa ma solo perché l’aiuta a calmarsi. Proviene da una famiglia probabilmente di idee aperte ma non spalancate, al punto da accogliere con gioia un genero o cognato con una pelle diversa. Seppur esibita in uno dei vari ricordi che aiutano a ricomporre una storia che al presente si svolge in pochi giorni, la questione raziale viene lasciata in secondo piano. Sullo sfondo rimane anche l’essere artista di Alex.

 

Sappiamo che ha avuto successo e che ora le sue opere sono considerate delle cianfrusaglie da eliminare, soprattutto quando l’indomani verranno in visita i potenziali compratori della casa. E così arriviamo alla parte centrale di questa commedia dai toni molto composti, senza gag, malintesi, allusioni di vario genere, che si regge interamente sui due attori e su un buon cast di supporto.

Alex e Ruth, decisi a vendere la casa, incaricano una nipote agente immobiliare di sondare il mercato invitando i compratori a delle visite di gruppo. La casa, così, diventa un museo e i suoi proprietari, se non fosse che non sono dentro una teca, quasi dei reperti di un mondo che fu. Tra i tanti visitatori c’è una donna che non ha intenzione di comprare ma solo di provare tutti i letti delle varie abitazioni messe in vendita, una psicanalista che cerca di capire se i vicini potranno adattarsi all’andirivieni dei suoi pazienti, c’è anche una coppia di donne che, in un certo senso, replica nel contemporaneo le difficoltà che in passato incontrarono Alex e Ruth.

In una storia che scorre piacevolmente ma senza sussulti, c’è un elemento che appare estraneo al contesto. Quasi incidentalmente, mentre la coppia ha messo in vendita la casa e ne sta cercando un’altra, un uomo di origini mediorientali è ricercato proprio a Brooklyn. Si pensa con insistenza che sia un pericoloso terrorista. La caccia all’uomo si fa più intensa e il panico cresce grazie a testimonianze farneticanti. Quando Alex prende le distanze da ciò che legge sui giornali e da quello che tv costantemente accese trasmettono a ciclo continuo, si percepisce il senso di questa insolita sovrapposizione.

Senza tradire la leggerezza del film, vengono a contatto due diversi modi di pensare la vita: da un lato, quello autentico, in cui si dà un luogo, la casa al quinto piano senza ascensore ma con tutti i ricordi e il vissuto di due individui che, proprio in quel posto, hanno svolto la loro storia e istituito il loro modello di famiglia; dall’altro, quello artefatto che, in questo caso, si nutre dell’ostilità nei confronti di un uomo dipinto come un terrorista, che costringe a far appello a una memoria fittizia, fatta di appartenenze a mondi di cui non si ha alcuna memoria e che, per questo, è necessario costruire artificialmente facendo appello a divinità e testi sacri.