Povera Roma, Capitale-specchio dell’aumento delle disuguaglianze esplose in questi ultimi 10 anni di crisi in tutto il Paese. In città l’1,8% della popolazione ha un reddito superiore ai 100 mila euro annui, mentre per il 51,3% è inferiore ai 15 mila. Gli anziani che vivono con meno di 11 mila euro sono quasi 147 mila, le famiglie senza occupati, senza pensionati e con almeno un componente disponibile al lavoro sono oltre 100 mila. Il 65% dei giovani che lavorano nella Capitale ha un contratto atipico, circa 135 mila sono i Neet: non lavorano, non studiano, non sono in formazione: la generazione di giovani più povera della storia della Repubblica.

Dal 2000 a Roma più di 18 mila famiglie aspettano una casa popolare, 40 mila sono quelle sfitte in città, migliaia gli edifici pubblici abbandonati, 450 quelli confiscati alle mafie, più di mille quelli sequestrati. La precarietà lavorativa, il taglio di 50 milioni di euro ai servizi sociali, l’aumento degli affitti, l’incapacità della giunta di usare per fini sociali l’enorme patrimonio pubblico per rigenerare l’esistente, rimettendo finalmente insieme giustizia sociale ed ambientale, hanno cancellato il diritto all’abitare per decine di migliaia di famiglie. Sono migliaia quelli costretti ad occupare per avere un tetto sulla testa, più del 90% per morosità incolpevole, essendo Roma la città con gli affitti più alti d’Italia dopo Milano: in media 823 euro al mese. Sono loro a trasformare la fragilità individuale in forza collettiva, in speranza che si costruisce giornalmente condividendo cooperazione e obiettivi comuni quotidiani.

Roma lo scorso anno è stata la seconda città d’Italia per consumo di suolo e cementificazione. Il 13% del territorio è considerato ad alta pericolosità idraulica. Invariato invece il numero degli stranieri residenti in questi anni di crisi: circa 385 mila, di cui il 44% di origine europea. Nessuna invasione dunque, tranne che delle dipendenze: ludopatia, tossicodipendenza e gioco d’azzardo. Non stupisce dunque la crescita della criminalità mafiosa: oggi Roma conta 94 clan e 100 piazze dello spaccio secondo la Dda. Conseguenza del fatto che nella Capitale le alleanze della zona “grigia” sono sempre più ampie, facilitate dal ricatto generato dalla crescita delle povertà e dall’assenza di adeguate risposte politiche.

Sono le reti sociali a dare le risposte, in città come nel paese, in una fase storica in cui la politica appare sempre più lontana. Il bilancio del Comune, così come il NaDef appena varato, non affrontano le cause che hanno generato la crisi: gli ultimi dati Eurostat: la Campania e la Sicilia sono le regioni più povere d’Europa.
Nessuno ce la fa da solo. Per questo dobbiamo continuare a mettere insieme quella geografia della speranza che si è andata costruendo in risposta al fallimento politico di questi ultimi 20 anni.

Operatori del sociale, cooperative, presidi antimafia, movimenti per il diritto all’abitare, parrocchie, comitati di quartiere, case delle donne, fattorie sociali, fabbriche recuperate, comunità, reti di giornalisti contro mafie e corruzione, progetti di mutualismo, navi che salvano vite in mare, associazioni di giuristi e cittadini impegnati far applicare la Costituzione, docenti contro le disuguaglianze, scuole pubbliche, studenti e associazioni per la giustizia ecologica. Hanno subito la crisi, mettono in campo risposte concrete e proposte condivise che non trovano rappresentanza.

Una parte di loro si ritroverà oggi nella giornata mondiale per l’eliminazione della povertà all’Ambra Jovinelli, dalle 17 alle 20, per chiedere al Governo ed al Parlamento misure concrete, maggiori risorse e riforma del welfare, piano strutturale per garantire il diritto all’ abitare, servizi sociali fuori dal patto di stabilità, reddito di dignità, cancellazione dei decreti Salvini e stop all’ autonomia differenziata.

*Responsabile Libera per le Politiche Sociali-coordinatore nazionale rete dei Numeri Pari; www.numeripari.org