I più attenti parlano di lei da qualche anno. Più o meno da quando, adolescente, si presentò qua e là in giro, mostrando una grinta non comune. Ha una voce molto bella, e lo è altrettanto come donna: un corpo delicato che in Italia in realtà passò poco prima della pandemia ma nessuno sapeva ancora chi fosse.
Judi Jackson arriva proprio in questi giorni nei negozi di dischi, dopo che il suo debutto discografico, Grace, era già disponibile su alcune piattaforme digitali da qualche tempo. Si tratta di una prima prova ufficiale, perché in realtà qualche sua traccia si ritrova sparsa nel web anni prima: un ep e un live praticamente introvabile finito troppo presto nel dimenticatoio. Il disco ha tante qualità. La voce matura è forse la più rilevante: calda, piena di passione, piena di cose da raccontare, ricca di sfumature, di inclinazioni che abbracciano e avvolgono un centinaio di anni di musica nera, da Nina Simone a Mavis Staples (di cui ha persino aperto un concerto), ma che sembrano proprio appartenere al suo dna più che ai suoi studi.

IN QUESTO l’ascolto del pezzo Sunrise è esemplare, c’è tutta la sua bravura: visto che il duetto con il temibile Arthur Verocai, padre del samba soul, lo regge alla grande. Strawberry Lady è un trip hop rivisto in chiave molto moderna, ma poi c’è il vecchio soul ben cantato e ben suonato, anche perché i musicisti che la accompagnano sono tutti conosciuti e molto validi. Judi è nata in Virginia nel 1993 ma da diversi anni vive a Londra e prima ancora suonava il piano e cantava nei cori gospel di paese. Folgorante per lei un incontro fugace con Wynton Marsalis, trombettista e uomo di potere del jazz americano. Lui le regalò alcuni dischi, lei aveva 14 anni e già molti sogni e speranze. Celebre rimane la collaborazione con gli hipster e sperimentatori jazz Snarky Puppy.

SI DICEVA delle qualità dell’album: altrettanto interessanti gli arrangiamenti dell’intero lavoro, affidati a una mente sopraffina come quella di Tommaso Colliva. Ideatore e fondatore dei Calibro 35, ce lo invidia mezzo mondo, ha persino un Grammy in casa grazie alla co-produzione di Drones dei Muse. C’è anche un altro italiano, e un altro Grammy, nel team e si tratta di Davide Rossi, artefice degli ottimi arrangiamenti degli archi presenti nel disco. Anche lui è davvero un’eccellenza, note le sue collaborazioni con i Coldplay.