La storia è ambientata in un piccolo paese, Turmac, che si trova lungo la linea ferroviaria che porta a Somewhere. Il tempo, l’epoca in cui sono avvenuti i fatti narrati, non è ben definito. Dovrebbe corrispondere a un’epoca tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento. Tutto ha inizio con l’arrivo di una donna bella e magnetica, con un segreto terribile nel suo passato e una vendetta nel suo futuro.

Sono questi gli elementi da cui prende il via il primo romanzo scritto da Emiliano Deiana e intitolato La morte si nasconde negli orologi (Maxottantotto edizioni, pp. 205, euro 15) e di cui esiste anche una versione in sardo-logudorese, Sa morte si cuat in sos relozos. Del resto l’autore è sardo, vive a Bortigiadas, ma in più è anche il cofondatore di una libreria a Tempio Pausania. Evidentemente appassionato e cultore di letteratura, perché, fin da subito, all’interno del suo romanzo, si colgono riferimenti a tanti capolavori della narrativa mondiale. Solo per indicarne qualcuno, l’azione si svolge anche a Winesburg, Ohio come in Sherwood Anderson, c’è un personaggio che si chiama Melville, un altro Matlock e fa risuonare la poesia di Edgar Lee Master e la sua Spoon River, altri ancora hanno nomi dal sapore biblico come Enoch, Elimelech, Ezechiele.

AL DI LÀ di questi e vari altri richiami espliciti ci sono anche molti riferimenti impliciti, per cui al lettore vengono in mente tante altre opere e non soltanto letterarie. Deiana stesso, alla fine del libro offre una serie di Coordinate sentimentali, belle e utili, dove svela riferimenti anche musicali, da Tom Waits a Thelonius Monk, passando per Fabrizio De Andrè. Pastiche letterario allora? Testo postmoderno? Niente di tutto questo. A dispetto di rimandi, citazioni, riferimenti, visibili e invisibili, Deiana riesce a creare qualcosa di nuovo e assolutamente suo. Una scrittura non solamente raffinata ed elegante, classica, quasi, nei suoi echi epici e drammatici. In grado, per di più, di riuscire a trattare la ferita al centro di tutto, il vulnus quasi indicibile, quello sì davvero osceno, in maniera veramente e assolutamente toccante, facendone sentire tutta la violenza e nello stesso tempo senza mai diventare volgare. Insomma partecipata e cruda nella sua stringatezza evocativa.

E SORPRENDENTE se si pensa che è un uomo ad affrontare in questa maniera un argomento difficile e delicato quale lo stupro reiterato di una bambina. Se da un lato il racconto acquista le caratteristiche del giallo, del whodunit, con anche un discreto carico di suspence, dall’altro la scrittura resta distante da quella usuale per il genere, tanto da continuare a mostrare i pensieri dei personaggi, anche quelli dello stupratore, senza che si capisca chi sia il colpevole.

L’indeterminatezza, poi, dei luoghi e del tempo, insieme alle caratteristiche in qualche modo mitologiche dei vari personaggi, si coniugano con una struttura narrativa estremamente equilibrata ma quasi fluida, con i suoi salti temporali e di luogo e i passaggi continui dalla terza alla prima persona. Una musicalità complessa che si rispecchia anche nell’attenzione dedicata, soprattutto, alla costruzione della singola frase e alla scelta del lessico.

Un libro non semplice, insomma, La morte si nasconde negli orologi, ma affascinante e capace di coinvolgere il lettore, una volta che quest’ultimo si sia lasciato prendere dal suo ritmo interiore, si sia abbandonato alla sua musicalità, a volte anche aspra, ma sempre comunque particolarmente interessante.