Riletto alla luce di quest’ultima pubblicazione, il precedente album di Devendra Banhart – Ma (2019) – assume un palpabile valore anticipatorio. Pur legati all’idioma indie folk che è cifra stilistica del cantautore texano-venezuelano, i suoi brani finivano per disegnare una precisa linea meditativa di matrice orientale. Riflessioni sulla maternità, sulle relazioni umane e le loro metamorfosi, che a distanza di due anni sfociano nell’introspezione ambient di Refuge, composto e realizzato con Noah Georgeson, amico e produttore di Banhart da oltre vent’anni, anch’egli sensibile alla rediviva cultura New Age: «Venendo dal mondo accademico della composizione musicale, l’ho rinnegata per molti anni e mi ci è voluto davvero tanto per riconciliarmi con quel tipo di espressione. Non è nostra intenzione imitare certi dischi degli anni Ottanta, ma quel mondo New Age è indubbiamente parte delle nostre fondamenta musicali». Scritto e registrato in buona parte da remoto a partire dalla primavera del 2020, Refuge è siglato dalle firme a distanza di Mary Lattimore all’arpa, Nicole Lawrence alla pedal steel, Tyler Cash al piano, Todd Dahlhoff al basso, Jeremy Harris ai synth e David Ralicke ai fiati. Collaborazioni che si aggiungono ai contributi spirituali di Sharon Salzberg — autrice di una manciata di bestseller sulla meditazione — Neten Chokling Rinpoche e Sri Mataji Shaktiananda, maestri personali di Devendra.

IL NATURALISMO, pilastro della poetica banhartiana, guadagna il centro del proscenio, ampliando in direzione ambient la linea editoriale di Dead Oceans, label indipendente già legata ai nomi di Mitski, Phoebe Bridgers, Japanese Breakfast e The Tallest Man On Earth. Naturalismo che prorompe nei singoli Mizuko Kuyo e Rain Of Flowers, accompagnati dalle immagini bucoliche di Nicky e Juliana Giraffe e pubblicati in anteprima sulla piattaforma Calm. Alle sorelle californiane sono affidati anche i video di Into Clouds e In A Cistern, i brani maggiormente influenzati dall’esperienza della Deep Listening Band di Pauline Oliveros. Ma è tutto l’album a essere concepito come una nicchia contemplativa e priva di tensione musicale. Un Refuge tanto per gli ascoltatori quanto per gli autori, il cui obiettivo dichiarato è stimolare pace interiore e presenza mentale: «È davvero importante creare un piccolo spazio tra noi e le nostre ansie. Cosa fare di quello spazio dipende da te».