Proseguono nel loro percorso i Dead South, alfieri del bluegrass contemporaneo, i quali tornano con il terzo album da studio, nel solco artistico ben definito sin dal fulminante esordio del 2014, Good Company che gli regalò la notorietà internazionale. La formazione attuale è tornata ad essere la stessa degli inizi, con il rientro alla base del suonatore di banjo Colton Crawford, il quale dopo un allontanamento dovuto a motivi lavorativi è nuovamente a tempo pieno nel quartetto. Il quale è strutturato esclusivamente sull’intreccio di cordofoni e parti vocali, ed è completato da Danny Kenyon al violoncello, Nate Hits e Scott Pringle ambedue a chitarra e mandolino.

CON IL NUOVO lavoro, i canadesi hanno raffinato la scrittura, accentuando ancor più la capacità di generare canzoni capaci di risultare trainanti, come il singolo Diamond Ring. Non male per una band che giunge dall’area centrale del Canada, il Saskatchewan, non propriamente una classica zona di riferimento della scena bluegrass, come racconta Scott Pringle: «Non esiste realmente un movimento musicale di stampo tradizionale dalle nostre parti. In compenso però ci sono molti gruppi folk e country che pian piano stanno divenendo popolari. Personalmente arrivo da Edmonton, in Alberta, una provincia a ovest del Saskatchewan, luogo da cui provengono gli altri componenti della band. In tutti e due i casi, si tratta di zone geografiche prettamente rurali». Nonostante ciò, i Dead South sono riusciti in pochi anni ad imporsi, è interessante poi notare come ognuno di loro avesse avuto in gioventù esperienze di stampo punk-rock e metal. Come ammette lo stesso Pringle: «Ho iniziato a suonare il piano all’età di cinque anni per poi passare alla chitarra durante l’adolescenza e di conseguenza, a fare esperienza con alcune band metal ai tempi del liceo. Solo dai ventun’anni in poi mi sono dedicato allo studio del banjo, su cui ho lavorato duramente. I Dead South sono stati la mia prima incursione nella musica folk».

TRA I BRANI di spicco in Sugar & Joy, va segnalata la apparentemente scanzonata e saltellante Fat Killer Boy, canzone che in realtà nei testi racconta una storia violenta e intrisa di humour nero, dove il protagonista è un ragazzo vittima di bullismo che arriva a cannibalizzare i suoi torturatori. C’è spazio anche per passaggi più evocativi, come Spaghetti e Broken Cowboy, dove a far la differenza è la profondità della voce che il frontman Nate Hits è capace di tirar fuori.

LA BAND sta cercando di superare gli aspetti prevalentemente revivalistici affermando un carattere personale, ripartendo dalla tradizione, come chiosa Pringle: «È stata la prima volta che abbiamo inciso in un posto diverso dal solito. Per registrare il nuovo disco abbiamo viaggiato attraverso il Kentucky e il Tennesse, per arrivare fino ai Muscle Shoals Sound Studio, in Alabama. La regione ha una lunga e consolidata tradizione di musica soul, country e rock’n’roll: concretizzare laggiù le nostre idee ed immergerci in quella cultura è stata davvero una grande esperienza».